prima pagina pagina precedente indice




Tributo a Leonard Cohen al Lucignolo Café
La poesia è la prova della vita. Se la tua vita arde, la poesia è la cenere.
Anna Marini



Se a Brugherio, nell'ultima piazza d'Italia intitolata a Palmiro Togliatti, entri al Lucignolo Café, vieni introdotto in un ambiente pervaso da un'atmosfera intima ed accogliente, che ti invita all'ascolto, alla partecipazione, all'incontro. Sei seduto a quel tavolino perché ami la letteratura, lo scambio culturale con chi condivide con te un frammento d'arte, ed è bello divenire insieme il pubblico appassionato di un'opera teatrale. La sera di giovedì 12 febbraio Antonio Gentile, anima del locale, e Giusy Caligari, poetessa e scrittrice, hanno reso uno splendido tributo a Leonard Cohen. Il poeta e cantautore vivente, che ha celebrato la solitudine, ha amato l'universo femminile in un'elevazione spirituale quasi soprannaturale ed è stato anche l'ispiratore di molte canzoni di De Andrè.

Giusy Caligari interepreta Leonard Cohen
Giusy Caligari interepreta Leonard Cohen
Leonard Cohen
Leonard Cohen

Due leggii, un computer e non sei più in un caffè, ma vedi schiudersi davanti a te le quinte di un teatro. Sulla scena Antonio intavola con estrema naturalezza un dialogo con Cohen, interpretato magistralmente da Giusy, e, diventando voce narrante, rievoca all'artista memorie di vita che gli hanno ispirato canzoni, poesie, che quindi declama in una splendida esibizione. Le sue parole, intrise di passione, di amore, di pathos, raggiungono gli spettatori, li coinvolgono e la sua voce diviene così corale. Cohen è presenza raccolta nell'interpretazione di Giusy e, immerso nell'ascolto e nella memoria della sua arte, fa del suo silenzio, che sottolinea la sacralità del momento, una presenza quasi ieratica. Si calano così, discreti, i riflettori sulla vita del poeta e le parole, i gesti, i silenzi creano lo spazio, divenuto il luogo dell'animo del grande artista.

Cohen nasce a Montreal, nel 1934, in una famiglia ebrea, da padre polacco e madre lituana.
Ebrei si nasce e non si diventa; non è possibile, infatti, convertirsi a membro del Popolo a Dio gradito. Essere ebrei è un compito che la vita ti assegna, un onere e un onore davanti alla Storia. In “Nostra signora della solitudine”, testo che il poeta compone durante un soggiorno in Grecia, la solitudine, il sentimento che con fedele dolcezza scandisce innumerevoli momenti della vita dell'artista e definito da lui stesso come “compagna protettrice”, indossa un abito dai colori azzurro e argento, che la critica riconosce come quelli tipici della bandiera di Israele. Cohen si identifica nel suo Popolo, quello a cui la Storia ha assegnato di provare nel corso dei secoli la struggente e amara solitudine del perenne vagabondare, dell'esclusione, dell'emarginazione senza fine, degli interrogativi senza risposta. La solitudine viene in questo testo invocata e a lei Cohen rende grazie per il suo intervento, che gli consente l'introspezione psicologica dentro se stesso, la meditazione spirituale, il raccoglimento per la necessaria riflessione. A questa signora, che raggiunge tutto il genere umano e fa visita ad ogni uomo, perché nessuno la può fuggire, il poeta si rivolge, in un'invocazione celebrativa che a tratti assume l'enfasi di una preghiera. La riceve proprio nel luogo da dove la Signora proviene, l'animo umano, in cui hanno origine tutti i conflitti. E' là, dove il poeta si raccoglie in una devota intimità con quella spirituale entità che ben conosce, con la quale si è trovato ancora “faccia a faccia”.

Cohen non conosce legami in amore ed ha amato una sola donna in tanti corpi, come ricordano le parole di Antonio. Questo sentimento, inteso nel senso più generale possibile, è per lui l'unica ancora di salvezza e viene cantato in “Suzanne” per una donna che può essere liberamente riconosciuta come una pazza, oppure una prostituta. Non importa, sembra suggerire il poeta, chi sia veramente questa figura dai tratti mistici; per lui diviene oggetto di una venerazione quasi soprannaturale. Il testo trae ispirazione da Suzanne Verdal, ballerina e moglie di un amico sculture, che Cohen incontra a Montreal sul fiume St. Lawrence e la visita alla cappella di Nostra Signora del Buon Soccorso, dove i marinai invocano la protezione della Madonna, prima di mettersi per il mare aperto. Suzanne nella fervida immaginazione del poeta, in una canzone che è allo stesso tempo intrisa di malinconia e struggente dolcezza, diviene una creatura quasi divina, disponibile all'amore e alla carità gratuita. Per questa figura angelica l'artista manifesta una devozione totale, come totale è la fiducia, la fede che dimostra nell'amore, il solo sentimento capace di condurre alla perfezione.

E' da episodi della vita quotidiana che spesso Cohen trae ispirazione per la sua arte e così accade una notte, quando, dopo aver incontrato sotto un androne due giovani che viaggiavano in autostop, decide di ospitarle nella sua stanza d'albergo. Le donne, esauste per il viaggio, si addormentano immediatamente distese sul letto e al poeta non resta che accomodarsi su una poltrona, ad ammirare la luce della notte. Quelle ore lo condurranno a comporre l'unico testo che è riuscito a scrivere di getto, come ricordano le sue stesse parole. Ma nella fervida immaginazione del poeta le due ragazze si trasformano nelle Sorelle della misericordia, espressione che, secondo la dicitura inglese, può far riferimento all'ordine monastico delle suore missionarie, oppure essere intesa come “prostitute”. Anche in questo caso non ha importanza se ai termini si conferisce un'interpretazione tratta dalla religione, oppure dalla vita mondana, perché, comunque la si voglia intendere, le giovani sono per il poeta coloro che soccorrono e danno asilo allo straniero. In Cohen l'amore, e, ancor più la sessualità, è sempre intrisa di elementi che rimandano alla fede. Strettamente legata alla spiritualità, non di rado la sfera sessuale si compenetra in quella mistica e ad essa si congiunge nella figura femminile che, salvifica, appare per dar rifugio all'animo dell'artista, tormentato da conflitti.

Ma per giungere a Dio esiste una sola strada da percorrere, quella che proprio dalla divinità viene data in dono all'artista: il canto, la poesia. Cohen nasce poeta e l'arte diviene la sua vita. Scrivere non è per lui un mestiere che ha scelto, ma la modalità con cui si affaccia al mondo, è il suo destino, la sua vocazione. Ed è con l'”Alleluja” che il poeta si avvicina a Dio, quasi oggetto di sfida nel testo in cui Cohen accosta in un parallelismo splendido se stesso ai personaggi biblici di David e Sansone e la sua donna a Betsabea e Dalila. Anch'egli, esattamente come loro, si comporta in modo empio, lasciandosi quasi tentare dal peccato carnale, e poi, in un atto di grande superbia, dichiarandosi cultore della parola, qualunque essa sia, sacra o corrotta. Tale intreccio, contornato da molteplici doppi sensi, che vedono da un lato il poeta inchinarsi a Dio e dall'altro corteggiare la sua donna, si risolve solamente nell'intonazione dell'Alleluja. Ed è con questo canto, in cui tutte le tensioni si sciolgono, che la voce di Giusy si leva a rompere il silenzio e a dare sacralità al momento lirico.

Giusy Caligari interepreta Leonard Cohen
Antonio Gentile
Leonard Cohen
Giusy Caligari

Lo spettacolo, frutto della collaborazione e dell'intesa artistica tra Antonio e Giusy, non ha richiesto prove ed è nato spontaneamente dalla passione per la poesia di entrambi. E' stato, questo, un bellissimo e doveroso tributo oltre che al poeta canadese, anche alla cultura, che, come ricordano e ammoniscono le parole della scrittrice, è in questi tempi quanto mai relegata in secondo piano.

Anna Marini

Vedi anche
Roberto e Federika Brivio al Lucignolo Café di Brugherio

Condividi su Facebook Condividi su Facebook
Segnala su Twitter


in su pagina precedente

  18 febbraio 2015