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10 febbraio 2007 : il giorno del Ricordo a Monza
Due proposte per non dimenticare.

Umberto De Pace 
Lettere alla redazione - Arengario
February 15, 2007 12:06 AM


Un corteo inusuale ha attraversato il centro cittadino di Monza, sabato 10 febbraio. Alla sua testa tre giovanissime ragazze sostenevano fiere ognuna la bandiera italiana, alle loro spalle decine di persone, molti i giovani con striscioni, bandiere patrie, il giubbotto rigorosamente nero, fascia tricolore al braccio e portamento militare, fra loro molte teste rasate.
All'imbocco di via Italia alte si alzano le voci dei partecipanti intonando l'inno di Mameli , poco dopo sarà l'anacronistico slogan “Tito boia” a risuonare tra le mura del centro cittadino.
Dall'accento di alcuni giovani è chiara la provenienza da fuori provincia, così come chiaro è il sentimento non certo amichevole verso i “compagni”, che alcuni di loro esprimono scambiandosi alcune battute.


slogan
slogan - foto Franco Isman
Una grande e lunga bandiera tricolore, sostenuta da un gruppo di giovani militanti, ravviva nel mezzo il breve corteo. “Siete troppo distanti uno dall'altro, avvicinate le fila” chiosa uno degli organizzatori tenendo in mano il megafono “dobbiamo essere più compatti”. Verso la fine del corteo alcune persone anziane, forse alcuni dei protagonisti sopravvissuti alle vicende che si vogliono ricordare.
A contorno del tutto un nutrito dispiegamento di forze dell'ordine, con scudi, manganelli e camionette antisommossa.
Nulla di strano per una manifestazione indetta da alcune associazioni culturali della destra radicale e nostalgica in ricordo della tragedia delle foibe e dell'esodo degli italiani dalle terre di confine della Venezia-Giulia.
La ferrea organizzazione della manifestazione riesce a mantenere, almeno per quel poco che ho potuto vedere, la promessa fatta di non accettare nel corso della manifestazione bandiere di partito e slogan non coerenti con lo scopo della manifestazione stessa.
Ma a quanto pare per alcuni a Monza qualcosa di strano c'è in questa iniziativa, tant'è che in piazza San Paolo, in contemporanea al corteo è stato indetto un presidio da un folto gruppo di associazioni e partiti che si richiamano a “Monza città della pace, della memoria e della democrazia” (ANPI, associazione per l'Ulivo, DS, Margherita, PdCi, PRC, SDI, Verdi). Alcune decine di persone, un grande striscione, un banchetto con materiale di controinformazione. Sul volantino di convocazione dell'iniziativa si denuncia il corteo dell'estrema destra: “Una manifestazione nostalgica e dai contenuti inaccettabili, promossa da organizzazioni dichiaratamente neofasciste, che vogliono trasformare un momento dedicato alla memoria e alla riflessione in una parata ideologica”.
Un altro volantino a firma PRC riporta alcune informazioni sulle associazioni culturale Lorien, Comunità Militante, Progetto Zero alcuni dei gruppi di destra organizzatori del corteo di cui sopra.
Sul banchetto, un dossier del Collettivo Monzese fornisce, in modo dettagliato e documentato notizie sui già citati gruppi di destra presenti nella nostra città.

Questa la cronaca . Ora alcune considerazioni che continuano una personale riflessione sul tema già iniziata lo scorso anno in un precedente intervento.
La prima considerazione è che anche quest'anno la piccola ma variegata galassia della destra radicale, se non neofascista, ha piegato ai propri fini ideologici una giornata che ci dovrebbe accomunare tutti.
Ciò non stupisce, anzi è inevitabile, per una commemorazione partorita da un compromesso tra forze politiche e che fatica ancor oggi a tradursi in una memoria e una storia condivisa.
Troppi ancora sono i vissuti, i coinvolgimenti, i sensi di colpa, le emozioni che prevalgono su una lettura non ideologica, rigorosa e documentata su quegli avvenimenti e purtroppo con essi prevalgono anche le strumentalizzazioni che più sopra ricordavo.
Lo stesso Presidente Giorgio Napolitano non poteva smarcarsi da ciò, visto il suo passato di primo piano nella politica italiana. I toni e le parole usate nei passaggi più aspri ,quelli centrali, del suo discorso del 10 febbraio ne sono una dimostrazione lampante.
Toni che non condivido ma che leggo nel contesto di una dichiarazione rilasciata da un personalità che ha fatto parte anche di quella storia, così come ne hanno fatto parte altre personalità di rilievo, che oggi rivendicano l'inevitabilità di certe decisione prese in quegli anni, vedi Andreotti o addirittura e inaspettatamente riequilibrano il discorso del Presidente della Repubblica accentuando le responsabilità del regime fascista in quelle terre di confine , vedi Cossiga.
Per rimanere però alla nostra realtà locale, mi hanno colpito due aspetti della vicenda.
Non penso infatti di fare un processo alle intenzioni se dico che buona parte dei partecipanti al corteo di sabato non è difficile immaginarli, in un contesto diverso, su temi diversi, sfilare con croci celtiche, saluti romani e slogan inneggianti al fascismo.
Spero di sbagliarmi ma se a ciò aggiungiamo, prendendole per buone, le informazioni riportate sul volantino di RFC e sul dossier del Collettivo Monzese, penso che sia miope far finta di niente e lavarsene le mani.
Sapere che il fondatore dell'associazione Lorien, nonché presidente di Comunità Militante di Monza, entrambe organizzatrici del corteo di sabato, abbia ricoperto cariche di un certo rilievo nelle riviste e nelle associazioni universitarie dell'MSI negli settanta, non è certamente un atto di accusa ma quantomeno chiarisce chi si cela dietro innumerevoli e mutevoli, a seconda delle occasioni, cariche rappresentative. Sapere poi che queste associazioni culturali hanno contatti con Forza Nuova, organizzazione espressamente neo-fascista, che guarda caso sta segnalando la sua presenza anche nella nostra città, quanto meno deve far riflettere.
Ma dato che queste associazioni culturali pare si occupino in gran parte di musica, forse è giusto che vengano giudicate per ciò che dichiarano di promuovere, la musica. Ora se i testi riportati sul dossier sopra citato rispecchiano il pensiero culturale dei nostri paladini delle terre di confine, vale la pena di leggerli. Eccone alcuni stralci: “E tremeranno ancora i farisei di sempre e i loro soldi non serviranno a niente.” , “Ed io canto Camerati che stasera siete soli, perché dietro a quelle sbarre avete insieme i nostri cuori.”, “Alloggio vitto e impunità per negri e mussulmani.” E per rimanere in tema della giornata del ricordo “…..donne e bambini bombardati dal liberatore, agguati ed imboscate danno gloria ai vincitori, mucchi di ossa dissepolte vanto degli infoibatori”.
La musica appunto.
Il secondo aspetto della vicenda che mi ha colpito è la mobilitazione di una così ampio schieramento di forze, dall'ANPI ai Verdi. Leggendo il loro materiale, parlando con alcuni di loro, mi pare di poter dire che l'intento dell'iniziativa non fosse quello di contrastare una manifestazione della destra sulle foibe, quanto quello di denunciare all'opinione pubblica l'operato di una destra neofascista che cerca di conquistarsi spazi di agibilità e credibilità nella nostra città, per mezzo di presunte associazioni culturali, anche ma non solo attraverso iniziative come quella di sabato scorso. Ho letto e sentito dire da alcuni che il presidio delle forze democratiche e antifasciste è stata un'iniziativa inadeguata . Dal punto di vista del tema della giornata può darsi, alla luce della loro denuncia non penso, comunque sia, sempre meglio iniziative del genere che l'indifferenza.

Infine due proposte. La prima, rivolta al mondo dell'informazione monzese, è un invito a non raccogliere solo le informazione o le dichiarazioni che vengono rilasciate da queste associazioni culturali di destra, in occasione delle loro iniziative, ma di affrontare in modo un po' più critico la questione, sapendo anche raccogliere informazioni, ponendo domande, chiedendo spiegazioni, documentandosi, su una realtà quale quella dell'associazionismo culturale di destra oramai così variegata sul nostro territorio e sicuramente poco conosciuta.
La seconda proposta è rivolta ai nostri amministratori locali. Ho avuto modo di apprezzare con interesse e commozione, nel corso della trascorsa giornata della memoria, la rappresentazione teatrale “Memento, voci dal nulla. Storie di deportati monzesi” a cura di Raffaele Mantegazza e Bruno Montrasio e la lodevole interpretazione della numerosa compagnia “Impara l'arte” di Monza. Dare voce, dignità, identità ai nostri concittadini che sono morti nei campi di concentramento, ai sopravvissuti o ai loro parenti è un passaggio importante per una comunità che vuole condividere non solo il territorio in cui vive, ma anche, almeno in parte,valori, idee e soprattutto una memoria comune.
Ebbene perché non tentare di fare un lavoro analogo con esuli istriani o parenti degli stessi rifugiatisi qui a Monza o emigrati negli anni successivi.
La “congiura del silenzio” denunciata dal Presidente della Repubblica non ha riguardato solo le forze politiche a livello nazionale, ma anche la nostra città, anche i cittadini monzesi.
E allora chiediamoci: come ha vissuto Monza gli avvenimenti di quegli anni? Come ha accolto i profughi? Come si sono integrati? Quale attenzione hanno riservato a loro le autorità politiche e amministrative della nostra città? Quale attenzione gli organi di informazione?
Nell'ultimo anno ho cercato traccia di tutto ciò, nelle librerie, nelle biblioteche pubbliche, nella memoria di alcuni monzesi. Ciò che ho trovato sono pochi ricordi dei vecchi monzesi autoctoni, ricordi che nelle generazioni successive sono già stati persi. Due soli articoli pubblicati da “il Cittadino” nell'anno 1948, testimoniano l'attenzione degli organi di informazione locali, tra l'altro difficilmente rintracciabili vista l'impossibilità di utilizzo dei microfilm tagliati e senza data dell'archivio della biblioteca centrale e le difficoltà di consultazione degli stessi presso la sede del giornale. Francamente un po' poco, ma forse anche questo fa parte di quella storia che oggi tra slogan fuori del tempo, urla, parole aspre, revisionismi, diatribe in famiglia, si rischia ancora una volta di allontanare invece di leggerla e ricostruirla per quello che è stata.

P.S.: al vecchio combattente della XMAS, con cui ebbi modo l'anno scorso di confrontarmi su questi temi, promisi che mi sarei documentato maggiormente sulla sua divisione. L'ho fatto e per non sembrare di parte cito brevemente un autore così apprezzato oggi dalla destra radicale e non, Giampaolo Pansa. L'anno è il 1944 : “In Piemonte, come poi in Veneto , i marò si adeguano presto alla “guerra senza prigionieri”: anche loro torturano, fucilano, impiccano” (da IL GLADIO E L'ALLORO L'esercito di Salò cap. XI “L'armata del Principe”).

Umberto De Pace