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Contro la “logica di guerra”
Umberto De Pace


Una parte di Bakhmut fotografata dall'alto lo scorso 26 aprile (da Il Post.it 23/5/23 - AP Photo/Libkos, File)

Che cosa aggiungere a quanto già si sapeva e a ciò che si poteva verosimilmente prefigurare due anni fa, il 24 febbraio 2022, con l'inizio della guerra di invasione dell'Ucraina da parte della Russia? Dal punto di vista politico e militare poco o nulla, dal punto di vista umano si possono oggi aggiungere i nomi, i volti, le storie delle vittime, anche se per lo più sono immagini che ci vengono sottratte, o dalle quali rifuggiamo, contribuendo alla deresponsabilizzazione e ottundimento delle nostre coscienze. Non aiuterebbe la macchina della guerra e ne potrebbe inceppare il meccanismo. Quelle vittime al massimo per noi sono immagini fugaci, numeri (pochi) fra i tanti, spezzoni di racconti e storie frammisti a non poche polemiche e propaganda e quindi in fondo non durevoli e poco coinvolgenti. Invece è proprio a quei volti, a quei corpi di donne e uomini, di bambini, giovani e vecchi, siano essi privi di vita, violati, feriti o deformati, è a loro che dovremmo guardare dando senso e risposta alle nostre azioni o passività, alle nostre convinzioni o esitazioni.
C'è chi ancora oggi, basta leggere i principali quotidiani nazionali, sostiene la necessità di armare ancor più l'Ucraina, fino alla “vittoria finale”. Una vittoria militare che si sapeva fin dall'inizio che non ci sarebbe mai potuta essere, non solo per la sproporzione di forze in campo, quanto per gli armamenti nucleari detenuti dalla Russia. Non è quindi un caso che oggi tutta l'Europa si armi e si prepari per un sempre più probabile conflitto armato diretto con la Russia.
Questa è la logica della guerra, la logica che ci ha portato alla guerra e che oggi non sa far altro e non può fare altro che ampliarla per raggiungere il suo obbiettivo: la cosiddetta “Vittoria”! Si inizia quindi a parlare di una possibile terza guerra mondiale, a partire ancora una volta dal nostro vecchio continente dal quale scaturirono i precedenti due conflitti mondiali.

Questa logica di guerra va spezzata, bloccata e per farlo occorre innanzitutto rimuovere dai posti di governo i suoi sostenitori e promulgatori. Quelle persone e quei partiti che ci hanno condotto in questa situazione, prima mantenendo ottimi rapporti con la Russia di Putin, se non “sincere” amicizie, pur avendo di fronte un potere autocratico che suggeriva di per sé un atteggiamento più sobrio e attento alla salvaguardia di quei principi democratici e di libertà propri dell'Europa e con essi dei propri interessi economici e politici; poi prendendo le parti negli anni dei grandi cambiamenti e delle rivolte in Ucraina senza considerare la complessità e contraddittorietà della realtà interna a quel paese o, forse più realisticamente, partecipando al grande gioco di spartizione delle zone di influenza tra l'unica superpotenza al tempo rimasta, gli Stati Uniti, e gli attori regionali confinanti, tra i quali appunto Europa e Russia; infine facendosi trascinare nella guerra scatenata dalla Russia senza saper imporre una trattativa per la risoluzione del conflitto.

La logica della guerra va ripudiata, e ad essa va contrapposta la logica della convivenza fra i popoli sancita nello Statuto delle Nazioni Unite del 1948, promulgato per: “… salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all'umanità” e per “… riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell'uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grande e piccole …”. Non sono parole al vento, sono parole scritte con il sangue da chi ci ha preceduto è ha vissuto l'orrore della guerra alla quale noi oggi abbiamo permesso che si ripresentasse sul nostro continente, ne abbiamo favorito l'innescarsi, non abbiamo saputo prevenirla né contenerla. La logica della convivenza fra i popoli ci dice innanzitutto che la “vittoria” è già stata conseguita fin da subito dall'Ucraina, grazie alla sua strenua difesa contro l'invasione russa. La resistenza di popolo, armata e non, di fronte all'invasore e oppressore è stata diffusa se non unanime, il sostegno a livello mondiale si può dire altrettanto, la solidarietà e aiuto da parte dell'Europa è stata immediata, l'accoglienza dei profughi ucraini ampia e generosa. Al pari la “sconfitta” della Russia di Putin va letta alla luce del fallimento di una invasione tesa a sottomettere al proprio diktat in tempi brevi l'Ucraina.

Il diritto inalienabile di uno Stato e di un popolo alla propria difesa e resistenza contro l'invasore non può essere messo in discussione e il suo sostegno è un dovere per tutti. Tale dovere può implicare anche l'invio di armi ma deve sempre avere come priorità assoluta la ricerca di una soluzione diplomatica del conflitto. Ciò non è stato fatto per quel peccato originale alla base del conflitto russo-ucraino, che non nasce nel 2022, e che vede quali protagonisti coinvolti, come accennato prima, anche Stati Uniti ed Europa. O non è stato fatto con la dovuta determinazione. Nel maggio del 2022, poco tempo dopo l'inizio della guerra, il governo italiano, presieduto da Mario Draghi, fu il primo paese al mondo a formalizzare la traccia di un piano di pace per l'Ucraina, consegnandolo al segretario generale delle Nazioni Unite. Cessate il fuoco con interposizione di un contingente internazionale; neutralità dell'Ucraina protetta dalle garanzie internazionali delle maggiori potenze, con avvio immediato di negoziati per l'ingresso nella UE; conferma dei confini ucraini fissati al momento dell'indipendenza in cambio dell'autogoverno per le aree filorusse; un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale. Non si tratta di una “pace vera” che “non è per questo secolo” (editoriale di Limes,
Stiamo perdendo la guerra, 1/2024) e sicuramente non con questi leader mondiali, ma è ciò che più si avvicina a un compromesso realistico e alla possibile apertura di un negoziato sostenibile.

La logica della guerra richiede morte e distruzione, soppesa sulla bilancia il tributo innanzitutto di soldi, di interessi politici e infine, forse, di sangue. I circa 200 mila morti, i 300 mila feriti, tra russi e ucraini, fra essi più di 10 mila civili ucraini uccisi, milioni di profughi, immense risorse economiche sperperate, un paese distrutto, il rischio sempre più concreto di un allargamento del conflitto all'Europa se non a livello mondiale e non ultimo il possibile uso di armi nucleari, sono elementi sufficienti per rigettare la logica di guerra e adottare l'unica logica possibile e sostenibile, quella della convivenza basata sulla giustizia internazionale? Giustizia che come abbiamo già avuto modo di dire per il conflitto israelo-palestinese va garantita rafforzando gli organi internazionali deputati alla sua salvaguardia, riformandoli e rinnovandoli e non denigrandoli e indebolendoli come si è fatto da più parti in questi ultimi decenni. Non c'è altra strada perseguibile, questo lo sanno i popoli, tutti, è ora che lo si pretenda e lo si imponga anche ai governi, partendo proprio da quel piano di pace presentato dall'Italia a suo tempo, facendolo diventare un piano di pace europeo, ponendolo quale priorità contro l'assurda e criminogena rincorsa agli armamenti e alla guerra che oramai pervade l'intera Europa.

Umberto De Pace

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  7 aprile 2024