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Democrazia ed estrema destra
Il caso monzese
Umberto De Pace

fasci

Tra i tanti problemi che l'Europa si trova oggi di fronte, il riemergere di movimenti di ispirazione fascista e o nazista sarebbe un grave errore ritenerlo un fenomeno marginale. Se era prevedibile che tra gli effetti della grande crisi economica mondiale di questi anni, accompagnata dall'imponente fenomeno delle migrazioni, vi fosse anche la deriva populista, xenofoba e razzista, le politiche fin qui adottate per contrastarla, in gran parte hanno contribuito ad ampliare il consenso verso chi con demagogia e spregiudicatezza sfrutta il disagio sociale per i propri scopi e fini politici.
Prologo



Il fiore del partigiano
Fiori ai partigiani – foto Franco Isman 25 aprile 2009

Ci sono storie e avvenimenti che riguardano la nostra città o il nostro territorio che suscitano in me particolare interesse e curiosità al punto che mi inducono ad approfondimenti, letture, raccolta di testimonianze, per cercare di comprenderli meglio. Alle volte è lo stupore a prevalere, come quando venni a conoscenza della raccolta di firme per l'assegnazione del premio Nobel per la letteratura allo scrittore besanese Eugenio Corti o quando assistetti alle strumentalizzazioni e polemiche sul giorno del Ricordo. Ne seguirono articoli su questo giornale e alcuni contributi furono gentilmente ospitati anche sul settimanale il Cittadino. Sul tema del giorno del Ricordo, nel corso del tempo, maturò la stesura e pubblicazione del mio primo libro: “L'esodo di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra. Testimonianze di cittadini monzesi”. Un percorso simile ebbe anche il secondo libro, “d'amore e orrore”, un lungo racconto della vita di un nostro concittadino passato attraverso la tragica esperienza nel lager jugoslavo di Goli Otok alla fine degli anni '40 del secolo scorso. Altre volte lo stupore è accompagnato dall'indignazione; e ciò che avvenne il 25 aprile del 2008 quando assistetti all'incredibile parata dell'estrema destra al cimitero di Monza, in coda alle celebrazioni ufficiali per il giorno della Liberazione. In quel caso nacque una raccolta di firme e una campagna di sensibilizzazione e informazione che partendo da singoli cittadini riuscì a coinvolgere associazioni, partiti e sindacati, e diede vita all'iniziativa “Questo è il fiore del partigiano” che da allora si rinnova ogni anno e ha saputo essere di esempio e stimolo anche per la città di Milano.

Oggi voglio intraprendere un nuovo cammino dove ancora una volta, interesse, curiosità, stupore e indignazione si intrecciano a temi certo di portata più ampia ma di assoluta attualità e concretezza e, in qualche modo, con una specificità tutta monzese. Ho iniziato a riflettere e scrivere sul tema all'inizio dell'autunno dello scorso anno consapevole di ciò che si andava prefigurando e non nascondo che in più di una occasione la rapida successione di avvenimenti, che in qualche modo confermavano le mie preoccupazioni, mi spinse alla pubblicazione sull'onda dell'emozione del momento; ma fu proprio questo continuo incalzare degli avvenimenti che mi convinse a intraprendere la strada, certamente più lunga ma che in fondo più mi si addice, dell'osservazione, della ricerca, della riflessione e solo infine del racconto che è quello che ora qui vi propongo.

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Tra i tanti problemi che l'Europa si trova oggi di fronte, il riemergere di movimenti di ispirazione fascista e o nazista sarebbe un grave errore ritenerlo un fenomeno marginale. Se era prevedibile che tra gli effetti della grande crisi economica mondiale di questi anni, accompagnata dall'imponente fenomeno delle migrazioni, vi fosse anche la deriva populista, xenofoba e razzista, le politiche fin qui adottate per contrastarla, in gran parte hanno contribuito ad ampliare il consenso verso chi con demagogia e spregiudicatezza sfrutta il disagio sociale per i propri scopi e fini politici. All'interno di questo quadro ampio e complesso, con al suo centro le tematiche del lavoro, delle diseguaglianze, delle vecchie e nuove povertà l'estrema destra rappresenta un tassello di criticità importante quanto preoccupante. Un tassello che chiama direttamente in causa la nostra democrazia, qui intesa non solo quale forma di governo ma nella sua accezione più ampia quale uguaglianza giuridica dei cittadini, quale attribuzione di diritti e doveri sanciti dalla Costituzione, quale separazione e indipendenza dei poteri e, al contempo, quale espressione storica e culturale propria del nostro paese. L'evidenza tangibile di quanto tutto ciò oggi sia una realtà innegabile, ancor prima degli innumerevoli fatti di cronaca, sta nel fatto che non solo non vi sia più inibizione nel dichiarare le proprie simpatie fasciste ma che queste, addirittura, vengano alle volte rivendicate con orgoglio in nome di principi di libertà e democrazia, senza minimamente preoccuparsi dell'inevitabile corto circuito che tale richiamo crea. Se ne discute oramai da tempo, con pareri e prese di posizione ovviamente non univoche, spesso contrapposte ma, al di là dei puri e semplici negazionisti per interesse o ignoranza, è difficile sostenere che il problema non esista. Ad acutizzare il tutto contribuisce più di un aspetto: il passaggio storico generazionale che nel giro di pochi anni vedrà mancare gli ultimi testimoni diretti della tirannide fascista e nazista; la deriva di una politica sempre più incapace di essere strumento propulsore di idee e programmi volti non solo alla gestione del presente ma capaci di prefigurare e costruire un futuro migliore; i dibattiti politici, i talk show, gli organi di informazione che troppo spesso rincorrono o rispecchiano, se non addirittura amplificano gli slogan, i sentimenti, la rabbia, della cosiddetta “gente”; il rancore, la sfiducia, la paura che, come fotografa l'ultimo rapporto Censis 2017, pervade il nostro paese; i sondaggi che ci dicono che più del 70% degli elettori vorrebbe alla guida del paese un “uomo forte” o, ancor più preoccupante, che sempre meno elettori confidano nella democrazia; l'aumentare dell'antisemitismo, del negazionismo, del revisionismo storico, amplificati come per molte altre tematiche, dall'influenza pervasiva e univoca dei social network, piazze virtuali che da strumenti di comunicazione si trasformano, per troppe persone, in un'unica fonte di informazione e formazione a proprio uso e consumo.
Parlando del nostro paese, per comprendere fino in fondo come sia possibile che l'estrema destra abbia raggiunto i livelli di protagonismo odierni, non è sufficiente imputare il tutto allo stato di crisi economica e sociale. Quello a cui stiamo assistendo è un processo che arriva ben più da lontano, in realtà mai interrotto, che ha trovato facile gioco, in questi ultimi decenni, grazie a una politica altalenante: da una parte strumentale e spregiudicata, dall'altra superficiale e avventata, entrambe alla perenne ricerca di consensi in un mercato dei voti sempre più ristretto dato il progressivo aumentare dell'astensionismo. Un processo che ha visto un lento ma progressivo sdoganamento di pratiche, comportamenti, parole e immagini dei gruppi dell'estrema destra affiancato da complice o ignavia, a seconda delle parti, gestione politica di quanto accadeva. Non a caso oggi, come vedremo più avanti, di fronte all'esposizione di simboli nazisti, di azione squadriste, di esplicite dichiarazioni di fede fascista, da una parte si cerca di minimizzare o distogliere l'attenzione e dall'altra di emanare leggi più restrittive e punitive nel tentativo di chiudere il recinto dopo che i buoi sono scappati.
Siamo quindi di fronte a un concreto pericolo di ritorno del fascismo nel nostro paese? No, non lo penso ma ritengo che si sia abbassata la doverosa soglia di attenzione e controllo che una democrazia, per rimanere tale, deve mantenere alta e vigile. La nostra democrazia in particolare, tenuto conto delle funeste responsabilità che il fascismo italiano ha avuto nel nostro paese e nel mondo. Troppo spesso in questi anni si è confusa la tolleranza con il permissivismo, la libertà di espressione con la provocazione, le idee criminali con la libertà di pensiero, la solidarietà con la propaganda, il rispetto dei morti con il culto e la riproposizione di gesti, simboli e idee che hanno portato l'umanità intera nella catastrofe di una guerra mondiale.

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Non rincorrerò la cronaca quotidiana, il mio vuol essere un contributo che pone al centro fatti, analisi, argomentazioni, per andare oltre ciò che lo scontro politico, l'immediatezza dei social, l'opportunismo istituzionale o la difesa di parte, troppo spesso condensano e banalizzano in un narrazione costruita a proprio piacimento. I fatti ma anche le parole, le quali hanno una fondamentale importanza. Come ci ricorda Giuseppe Antonelli nel suo ultimo saggio “Volgare eloquenza” purtroppo le parole, in particolare quelle usate dalla politica, troppo spesso diventano generiche, allontanandosi sempre più dalla concretezza dei fatti, fino a diventare “parole senza le cose”. Infine, chiarisco da subito che il mio non sarà un punto di vista neutrale ma dichiaratamente di parte. “Chi fa apologia di fascismo e nazismo commette reato …” questa sarà la mia parte. Prendo a prestito le parole espresse dal sindaco Dario Allevi e riportate virgolettate da il Cittadino del 18 gennaio, che ad onor del vero si completano con “ … ma chi fa polemica politica, anche la più becera, deve avere diritto di parola”. Il classico espediente per far rientrare dalla finestra ciò che è appena uscito dalla porta? Cercheremo di capire anche questo, ogni cosa a suo tempo.

Umberto De Pace

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  15 settembre 2018