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Autodromo e Bosco Bello


Autodromo e Bosco Bello

La cartolina del 1974, titolata “ AUTODROMO NAZIONALE DI MONZA ”, con le diciture: “dall'aereo, from the airplane, de l'avion, Vom Flugzeug gesehen”, mostra dall'alto la parte nord del Parco occupata dall'Autodromo e dal Golf.
Lontano l'arco delle montagne, le Grigne, il Resegone, le macchie verdi dei boschi rimasti e il serpeggiare del Lambro.

Qui rimane una parte del Bosco Bello. Il Mezzotti, nella sua guida del 1841, narra tante cose di questa presenza .
“Tutti i nazionali e gli stranieri visitatori del Parco Monzese ammirano il Bosco Bello; e in nessun altro parco sì d'Italia, che d'oltremonte asseriscono aver giammai incontrato una selva si maestosa con una serie di viste si sorprendenti. Crescono assai i pregi di questo bosco, per chi sappia che sino dal secolo  XIV egli godeva di storica fama”.
Dalle aperture del Bosco si coglieva interamente il paesaggio sino alle lontane montagne “ E' d'uopo confessare che è difficile rinvenire un pezzo di consimile visuale, un si sorprendente panorama, e tutto ciò in mezzo ad un' annosa romantica  selva, …”.
Ricorda il Mezzotti che prima si chiamava la Selva dei Gavanti “così denominata da un'antica e nobil famiglia Monzese in allora proprietaria”, di grandi dimensioni “cinque miglia di circuito”. Racconta poi della costruzione interna alla Selva della cappelletta dedicata a Nostra Signora del Soccorso, della festa e fiera che vi si svolgeva “la costumanza di una festa che si facea celebrare annualmente il 15 d'agosto  nella chiesa dei devoti di Nostra Signora… vi si aggiunse una fiera di galanterie e di manifatture di que' tempi… che fu frequentatissima”, di come la festa, come era costume “in allora generale presso gli abitatori delle rive del Lambro” terminasse in grandi balli e mangiate sino a notte inoltrata.
Egli sostiene che fu per questo che la Selva prese il nome di Bosco Bello.

farnia - foto Vladimiro Ferrari
 
Ne esce un panorama di una contrada lungo il Lambro di alto valore economico con i suoi “Lanifici” fiorenti.
Ricorda anche le battaglie tra Guelfi e Ghibellini, il disagio economico che ne derivò e l'occupazione spagnola che certo non aiutò sviluppo ed economia  “dominando l'ignoranza, la superbia e l'errore” nel  XVII secolo “il Bosco bello era venuto il ricetto dei folletti e della matta tapina di cui havvi tradizione che solesse recarsi in Monza di notte tempo a scorrere le contrade col così detto carro matto a spargere la superstizione e il terrore.”
E poi la tragedia, quasi un Romeo e Giulietta nostrani,”seguita circa due secoli orsono e conservataci dalla tradizione… Rosa de Peregalli invaghì di sua beltà Gian Guidotto de' Lesmi. La corrispondenza fu da principio furtiva, clandestino il matrimonio… Ma avvenne improvvisamente la morte di Rosa, non senza sospetto di veleno, e Guidotto qualche tempo dopo si rinvenne pugnalato nel Bosco Bello… L'urna sepolcrale degli infelici amanti esisteva ancora nel secolo scorso con una lapide latina che ne rammentava la dolorosa tragica fine”.
Dalle descrizioni anche di altri emerge il ricordo e l'importanza di questa Selva in Brianza ed a Monza, il legame profondo con l'economia, la cultura e l'immaginazione popolare.
Poi il Parco, che rinchiuse parte di questa Selva e la separò in buona misura dal fiume e dalla continuità nella valle. La Selva diventa anche ricondotta a disegno planimetrico attraversato e sezionato per consentirne il passaggio in carrozzella e a cavallo e per offrire profonde visuali e cannocchiali panoramici al fondo dei viali che si dipartono da un grande Rondò, dove il Bosco diventa ”della Stella”.
La Selva è circoscritta a parte “naturale”, ma ridisegnata e modificata nella sua funzione, nel Parco, e sottratta al contesto generale del paesaggio di Monza e Brianza. Nella mappa del 1810 (si veda la precedente cartolina del Mirabello) appare questa “forzatura”, forse eccessiva anche per i tempi, della naturalità dei luoghi. La Selva non c'è più ed è rimasto il Bosco Bello del grande Parco (si veda lo scritto di Rosario Assunto  e quello di Annalisa Maniglio Calcagno ne “il Parco Reale di Monza”)

Poi negli anni venti l'Autodromo e poi ancora il Golf che intaccarono profondamente il paesaggio, tanto che in buona misura non è più riconducibile all'aspetto originario, modificato dal disegno del Parco e poi dagli interventi successivi .
La cartolina non è viaggiata, e forse, in questo caso, non è un male.
Qualche anno fa l'architetto Bellini ed altri, raccolsero gli articoli dei giornali di allora. Ne esce un complesso panorama tra chi cercava di resistere alla “occupazione” del Parco e chi spingeva per una futuristica forma di modernità.
In ragione anche del momento politico vinsero questi ultimi e c'è chi dice che così i carri della “matta tapina” ripresero la loro corsa.  Ma questa è una storia per un'altra cartolina.

a volo d'uccello

Aggiungo  un disegno tratto dal saggio di Maniglio Calcagno: Dal progetto del Canonica ricostruzione a volo d'uccello, del nucleo centrale del Parco di Monza, con le ville Mirabello e Mirabellino, il Frutteto Matematico, il vialone delle Roveri (viale Cavriga), il viale Mirabello e il Rondò della Stella.
E prima una foto fatta dall'amico Vladimiro Ferrari tratta sempre da “Il Parco Reale di Monza” (1989). Perché è una bella foto e perché così lo ricordiamo un poco. E' una Farnia del Bosco Bello all'interno dell'Autodromo.

Alfredo Viganò


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  1º novembre 2005