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Mitridatizzazione
I soldati italiani in Iraq
Franco Isman - 7 luglio 2003

soldati italiani
 
Nella società italiana è in corso una sorta di processo di mitridatizzazione per cui ci si abitua a tutto e le reazioni alle cose più aberranti che ci propina questo governo infame sono sempre più blande. Con tutto ciò è quasi incredibile la mancanza di reazioni delle opposizioni, del Parlamento, del Presidente della Repubblica, ma anche dei girotondi e dei movimenti, allo stravolgimento rispetto a quanto sancito in Parlamento il 15 aprile sull'impiego dei militari italiani in Iraq.

Il Parlamento, a maggioranza, con la benevola astensione del centrosinistra, aveva approvato l'impegno dei nostri soldati per “missioni umanitarie” e in particolare, si diceva, per assicurare la sicurezza dei convogli che avrebbero portato i nostri aiuti umanitari. Molto discutibile e abbastanza equivoca questa decisione presa al di fuori di qualsiasi mandato delle Nazioni Unite, comunque di questo si trattava (cfr. "Per non essere da meno").

“Il ministro degli esteri italiano ha perorato la causa dell'invio in Iraq di 3000 militari, prevalentemente Carabinieri, con argomenti strettamente umanitari: scorta di convogli alimentari, protezione dei depositi dei beni da distribuire, sminamento delle vie di transito degli aiuti, eccetera. Nessun accenno ad altri compiti, se non per escludere funzioni a più largo raggio, quali appunto il mantenimento dell'ordine e la repressione di rivolte. «La missione che avremo in Iraq non è l'Isaf dell'Afghanistan e neppure quelle dei Balcani: missioni, queste, destinate alla stabilizzazione politica e sociale, oltre che alla sicurezza. Quella dell'Iraq di oggi è, invece, una missione italiana che ha scopo emergenziale ed umanitario»" scriveva Pino Arlacchi su l'Unità del 22 aprile citando testualmente il ministro.

Aveva visto giusto Lietta Tornabuoni quando immediatamente, il 16 aprile, su La Stampa, aveva scritto: “Altro esempio di parole che mettono paura, il modo in cui in Parlamento sono stati usati i termini dell'altruismo ai quali gli italiani sono tanto sensibili: definendo «soccorrere», «portare aiuto», «garantire sicurezza», «assicurare il recapito degli aiuti umanitari», una spedizione di tremila militari armati, soli, non richiesti da nessuno, al di fuori dell'Onu, al di fuori della Unione europea. Un'operazione che secondo molti serve soprattutto a Berlusconi e al governo per mostrarsi zelanti con gli americani, per fingersi vincitori d'una guerra non combattuta, per acquisire diritti sul bottino petrolifero, per «tornare interlocutori di Blair». Un'operazione che coinvolge direttamente l'Italia in una guerra sporchissima, che espone senza necessità migliaia di militari italiani ai gravi rischi già messi in evidenza dalla cronaca bellica: e questo (altro che pericolo delle parole) viene definito senza vergogna «fare politica»”.

Attualmente i nostri soldati fanno parte di una forza di occupazione, malvista dalle popolazioni occupate (è molto recente il linciaggio di sei soldati inglesi in un paese poco distante da dove sono dislocati in nostri) che non si sa quanto durerà, sotto comando inglese, al di fuori di qualsiasi mandato dell'ONU. Unico o quasi fra i paesi europei, Gran Bretagna a parte.

A noi sembra una palese violazione del mandato approvato dal Parlamento e, per ciò stesso, una violazione della Costituzione ma, come detto, le reazioni nel Paese sono state estremamente blande: praticamente soltanto la richiesta delle forze di centrosinistra di riportare la questione in Parlamento, richiesta disattesa dal governo. Tutto qui.

Ci auguriamo tutti che la missione possa concludersi in modo incruento; in passato i nostri comandi sono stati molto bravi nel gestire il rapporto con le popolazioni locali, e pensiamo in particolare alla missione in Libano comandata dal generale Angioni. Il nostro è uno strano Paese: tutti zitti, ma se dovessimo subire qualche attentato cruento si scatenerebbero le recriminazioni e le proteste, come se questa ipotesi non faccia purtroppo parte delle eventualità derivanti dalla situazione nella quale con sublime incoscienza ci siamo cacciati.

Franco Isman
franco.isman@arengario.net


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  7 luglio 2003