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Papa Francesco
a un anno dalla sua elezione (4)
Umberto De Pace

papa Francesco
Bergoglio arcivescovo a Buenos Aires

E' frutto dello spirito” – così Papa Francesco giustifica il suo sorriso odierno a chi gli ricorda la sua faccia da “funerale” di quando era arcivescovo a Buenos Aires.

Un sorriso che rassicura e infonde speranza, ottimismo e apertura verso il futuro, di vitale importanza soprattutto in un momento di profonda crisi come quello che stiamo attraversando. Il Papa invita a non confondere i due concetti: “L'ottimismo è l'atteggiamento psicologico di fronte alla vita. La speranza va più lontano. E' l'àncora che uno lancia verso il futuro … E poi la speranza è teologale: di mezzo c'è Dio. Per questo credo che la vita debba trionfare”.
La costruzione concreta, quotidiana, del futuro affianca alla preghiera tutte le tematiche classiche della Dottrina Sociale della Chiesa, all'interno della quale il nuovo Papa evidenzia due grandi questioni fondamentali: l'inclusione sociale dei poveri e il tema della pace e del dialogo sociale.
Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società …” – così nell'Evangelii Gaudium invita a non temere di utilizzare la parola “solidarietà”, parola “che indica molto di più di qualche atto sporadico di generosità”.
La pace sociale invece “non può essere intesa come irenismo o come una assenza di violenza ottenuta mediante l'imposizione di una parte sopra l'altra … La dignità della persona umana e il bene comune stanno al di sopra della tranquillità di alcuni che non vogliono rinunciare ai loro privilegi” – perché “ … una pace che non sorga come frutto dello sviluppo integrale di tutti, non avrà nemmeno futuro e sarà sempre seme di nuovi conflitti e di varie forme di violenza”.
E' una lettura ampia, articolata quella che il Papa fa della società e dei tempi che stiamo attraversando, e di ciò che necessita per la costruzione della pace. Ha come riferimento i principi cardine che derivano dai grandi postulati della Dottrina Sociale della Chiesa. Sono quattro principi relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale: il tempo è superiore allo spazio, ciò significa " occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi”; l'unità prevale sul conflitto, nel momento in cui quest'ultimo è accettato, risolto e trasformato in “ un anello di collegamento di un nuovo processo”; la realtà è più importante dell'idea, perché “la realtà semplicemente è, l'idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo costante, evitando che l'idea finisca per separarsi dalla realtà”; il tutto è superiore alla parte, prendendo a modello il poliedro “che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità”. La pace sola non basta, necessita del contributo del dialogo sociale in tre ambiti particolari: il dialogo con gli Stati, con la società – che comprende il dialogo con le culture e le scienze – e quello con altri credenti che non fanno parte della Chiesa Cattolica”. E ancora, il dialogo sociale in un contesto di libertà religiosa non può non porre attenzione anche, come abbiamo già ricordato, ai non credenti, con i quali Papa Francesco invita a dialogare sui temi “fondamentali dell'etica, dell'arte,e della scienza, e sulla ricerca della trascendenza”. E lui per primo ne da' esempio, all'inizio del suo mandato, nello scambio pubblico epistolare con Eugenio Scalfari (la Repubblica 11/9/2013). Lo fa, convinto che sia giunto il momento “di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro”; lo fa, ricordando che esso è “uno degli obbiettivi principali del Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII” e del ministero dei Papi che si sono susseguiti fino ad oggi pur, realisticamente, aggiungendo “ ciascuno con la sua sensibilità e il suo apporto”.

papa Giovanni XXIII      ; papa Ratzinger
Papa Giovanni XXIII e Papa Benedetto XVI

Per misurare quanto ciò sia vero basti pensare alle polemiche che hanno accompagnato più di una volta il magistero di Benedetto XVI, una fra tutte la famosa lectio magistralis di Ratisbona (12 settembre 2006) su “Fede, ragione e Università”. D'altronde a Ratzinger non venivano perdonate, da una parte della comunità scientifica, le affermazioni fatte da cardinale sul “ragionevole e giusto” processo della Chiesa contro Galileo (15/3/1990 a Parma) o l'affermazione del primato della Chiesa Cattolica quale unica vera Chiesa universale di Cristo, che in qualità di prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede sancì nel documento Dominus Jesus redatto nel 2000 e ribadito nuovamente dall'ex Sant'Uffizio, sotto il suo papato nel luglio del 2007.
“Sensibilità e apporto” di spessore sicuramente diverso, quello di Papa Francesco, per il quale la verità cristiana, pur non essendo variabile e soggettiva, rappresenta una relazione e non un assoluto: “ … la verità, secondo la fede cristiana, è l'amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant'è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da se: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive ecc.”. Invitando, ancora una volta, ad “uscire dalle strettoie di una contrapposizione” questa si, assoluta, perché “ il peccato, anche per chi non ha fede, c'è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire.”. “Sensibilità e apporto personale” che gli permettono anche di affrontare temi delicati e spesso fonte di contrasto con “leggera” autorevolezza, sfiorando gli stessi confini del “dubbio e della certezza”, se non addirittura del “relativismo”, convinto com'è che Dio lo si possa incontrare solo camminando. Un cammino che presenta non solo certezze ma anche errori perché “Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene … Se uno ha le risposte a tutte le sue domande, ecco che questa è la prova che Dio non è con lui. Vuol dire che è un falso profeta, che usa la religione per se stesso. Le grandi guide del popolo di Dio, come Mosè, hanno sempre lasciato spazio al dubbio”. Invita ad essere umili, a non cercare un Dio a propria misura, a “ cercare Dio per trovarlo, e trovarlo per cercarlo nuovamente” – secondo l'insegnamento agostiniano. E se qualcuno ritiene che questo sia relativismo, non si sottrae: “Sì, se è inteso male, come una specie di panteismo indistinto. No, se è inteso in senso biblico, per cui Dio è sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi …”. Papa Francesco invita quindi il cristiano a non essere restaurazionista o legalista, a cercare soluzioni disciplinari, o a rifugiarsi nella sicurezza dottrinale, in un passato perduto o in una visione statica e involutiva della fede, perché “ … in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante”. E questa sua convinzione si basa su una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona … Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana”.
o il condizionale, che un “ … evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale”.
(segue)

Umberto De Pace


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  3 aprile 2014