La ghiacciaia della Villa Reale
Pompeo Casati
I frigoriferi domestici presero a diffondersi agli inizi degli anni cinquanta del Novecento. In precedenza molte abitazioni avevano annessi locali dette ghiacciaie, nell'area monzese completamente interrate, in cui veniva immagazzinata neve o si accumulava ghiaccio naturale formatosi nei giorni particolarmente freddi della stagione invernale, un tempo molto più numerosi rispetto a quanto accade ora. Anche la Villa Reale di Monza fu dotata di una grande ghiacciaia tuttora esistente. Ghiacciaie e neviere
In Lombardia la più celebre delle cavità naturali è la grande ghiacciaia (giazzera) di Moncodeno, che si apre a una quota di circa 1600 m s.l.m. sul versante settentrionale del Grignone, poco sotto il Rifugio Monza-Bogani. Una lunga imboccatura quasi verticale convoglia in questa cavità carsica la neve invernale che si accumula sul fondo a una profondità di circa 25-30 m e si compatta. In estate la neve ghiacciata veniva portata a valle fino al Lago di Lecco e da lì a Milano mantenendo fresco il pesce lacustre; in città serviva soprattutto per i sorbetti. Altre cavità naturali non di origine carsica adattate a ghiacciaie erano probabilmente alcuni crotti di Chiavenna. Ghiacciaie artificiali semi-interrate, costruzioni cilindriche in pietra con soffitto a volta e tetto frequentemente conico, sono ancora visibili in diverse località di montagna, dove sono note come nevere o neviere (una, restaurata, si trova ad esempio all'Alpe di Mezzedo sopra Lierna): servivano soprattutto per la lavorazione e la conservazione del latte e del formaggio. Altre ghiacciaie semi- interrate sorgono sulle sponde dei laghi minori (come quello di Montorfano) e nella pianura attorno a Milano all'interno del Parco Agricolo Sud Milano, ad es. a Cornaredo e ad Albairate (a ovest della città), a Calvignasco (a sud ovest) e a Mediglia e Vignate (a est). In questi casi le costruzioni sono semi-interrate in quanto la falda idrica sotterranea, molto superficiale, consentiva di utilizzare solo i primi metri di sottosuolo. Talvolta queste ghiacciaie sono dei veri e propri piccoli gioielli architettonici, degni di essere preservati. In Lombardia il più significativo restauro conservativo di opere di questo genere è probabilmente quello delle tre ghiacciaie di Cazzago Brabbia1, sulla sponda meridionale del Lago di Varese: si trovano, una accanto all'altra, dietro la chiesa del paese e in esse in passato veniva conservato il pesce di lago: allo scopo si usava il ghiaccio che in inverno si formava sulla superficie del lago. In Milano è stata recuperata, proteggendola con una spessa cupola di cristallo, la ghiacciaia al centro dell'omonimo cortile dell'Università degli Studi in Via Festa del Perdono, anticamente destinata alla conservazione dei prodotti alimentari dell'Ospedale Maggiore, che aveva lì la sua sede. La ghiacciaia della Villa La ghiacciaia della Villa Reale di Monza è ubicata nel sottosuolo dei Giardini, in prossimità dell'ala nord dell'edificio. E' completamente interrata in quanto non vi sono interferenze (e presumibilmente non ve ne erano nemmeno al momento della sua costruzione) con la falda idrica sotterranea che oggi ha la sua superficie superiore a una profondità di circa 25-30 m sotto il locale piano di campagna: risulta pertanto completamente immersa nella zona insatura del sottosuolo (del resto si può ritenere che un edificio semi-interrato non sarebbe mai stato costruito a ridosso della reggia). Per quanto ben interrata è anche sottratta alla possibile influenza dei raggi solari perché si trova a nord dell'ala settentrionale dell'edificio, in un angolo ombreggiato anche durante l'estate.
Alla ghiacciaia si accede da uno dei locali che si affacciano sul cortile tra il Teatrino e l'attuale sala convegni; una prima scalinata di venti alzate conduce a un ripiano da cui parte un corridoio in leggera discesa lungo una dozzina di metri. Al termine del corridoio vi è un portale d'ingresso che conserva i cardini di un probabile portoncino in legno. Di là dal portale un pianerottolo trapezoidale serve una seconda scalinata in curva di altre 21 alzate. Le pedate sono in pietra di forte spessore e raggiungono il fondo con pavimento in leggera pendenza verso il centro, dove si apre una sorta di inghiottitoio che permette l'infiltrazione e lo smaltimento nel sottosuolo delle acque di fusione della neve e del ghiaccio. Il rilievo speditivo eseguito da Alberto Colombo mostra un grande ambiente cilindrico terminante verso l'alto con una cupola emisferica. Il diametro è di quasi 7 metri e l'altezza complessiva di circa uguale entità. Le pareti sono di mattoni e hanno uno spessore stimabile in almeno 80 centimetri; su di esse sono conficcati a intervalli regolari e distribuiti su otto livelli, ganci di ferro ai quali venivano appesi i contenitori di cibi. Sulla cupola si apre un'apertura inclinata che serviva a introdurre la neve facendola precipitare sul fondo e che, presumibilmente, aveva anche la funzione di sfiatatoio per garantire la necessaria aerazione, in analogia a quanto si osserva in altre ghiacciaie. Nel complesso si ha l'impressione di trovarsi in presenza di un ambiente termicamente ben isolato, sicuramente in grado di permettere la sopravvivenza di neve e ghiaccio per l'intera annata. Per ora non siamo a conoscenza di documenti sulle modalità di gestione della ghiacciaia. Si può ritenere che non solo si introducesse neve dall'alto ma anche vi si accumulassero blocchi di ghiaccio del vicino laghetto la cui superficie gelava in inverno2.
Visitando attualmente questa interessante costruzione, si ha l'impressione di una struttura solida, ben conservata nelle sue linee essenziali: l'unico inevitabile deterioramento che si nota è relativo agli arredi in ferro (ganci per appendere le vivande e corrimano per scendere sul fondo) completamente arrugginiti. Con interventi relativamente modesti, concernenti specialmente l'agibilità dell'accesso, si potrebbe rendere la ghiacciaia disponibile per le visite turistiche guidate alla Villa. Pompeo Casati NOTE 1 Si veda, a questo proposito, la pubblicazione di A.Giorgetti: I cunsèrt. Un profilo storico delle ghiacciaie di Cazzago Brabbia, Editrice Compositori, Bologna 2003. 2 Il ghiaccio di lago era usato nelle ghiacciaie sulle sponde dei laghi quali il L. di Montorfano e il L. di Varese. In zone collinari come nel Biellese il ghiaccio veniva ricavato da piccoli bacini in cui gelava l'acqua in essi convogliata mediante canaletti; spaccato a blocchi veniva immagazzinato nelle ghiacciaie, impilato e protetto da isolanti naturali, in genere foglie. Altrove si usavano come isolanti anche cascami della trebbiatura di cereali. 3 Sono grato a Francesco Repishti che mi ha fornito le rare annotazioni storiche finora rintracciate sulla ghiacciaia della Villa e all'Amministrazione Parco, in particolare a Marco Colombo, per avermi agevolato nell'accesso alla ghiacciaia. Questo articolo è stato pubblicato sul "Quaderno" il Parco, la Villa pubblicato dall'associazione Novaluna in ricordo di Giovanna Mussi. Articoli pubblicati su Il restauro della Villa - Franco Isman Il concorso della Villa Reale come esperienza - Giulio Carnelli La bellezza come promessa di felicità - Marta Villa La ghiacciaia della Villa Reale - Pompeo Casati 11 marzo 2007 |