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Il Lucignolo café “canta” Bob Dylan
Anna Marini

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La sera di giovedì 30 aprile il Lucignolo café celebra la contraddizione artistica di Bob Dylan, trasformandosi in appuntamento didattico con un incontro culturale. In continua trasformazione, nella perenne negazione di quel limite che la critica tenta di imporgli, il controverso musicista del caffè letterario è una figura paradossale nell'ostinata dissacrazione di se stesso. Fugge, l'artista maledetto, ogni percorso lineare che imprigioni il suo talento e la didascalica memoria della sua poesia. Antonio Gentile ne ritrae i tratti con cura e discrezione, lasciando spazio alla voce del poeta che grida, incalza, prorompe per poi svanire, fugace apparizione, nel locale divenuto dimensione esplorativa di un'icona.

I partecipanti in numero modesto, ma coinvolti dalla voce del chitarrista Riccardo Lanfranchi, osservano l'autore dei contrari, in continuo mutamento, mentre sveste i panni del suo presente per indossare quelli della futura antitesi. Ancora in vita, eppure già leggenda, Dylan infrange le regole della fama, che vogliono sepolto l'uomo prima di cantare le gesta del genio. Con quella voce nasale che lo caratterizza, entra nella storia quando il celeberrimo album dei Beatles immortala il suo volto sulla copertina. Si canta oggi il suo passato in attesa forse dell'ultimo colpo di scena, che rimetta in discussione interamente la sua figura, come suggerisce il pubblico del Lucignolo.

Appena ventenne si reca in tribunale perché lo sconosciuto Robert Zimmerman diventi il popolare Bob Dylan, in America si può come ci dice Antonio. Così il nome non solo lo identifica, ma gli appartiene, preferendo ai tratti dell'alias, quelli della proprietà. Nel poeta Thomas Dylan il musicista ricerca più un'icona che un riferimento vero e proprio, forse un'ispirazione segreta delle sue poesie, tramutate in canzoni con l'aggiunta di qualche accordo. Inquadrare Dylan in una corrente artistica è impossibile, perché la sua voce ha cantato diversi generi musicali: la critica riconosce in alcuni brani persino le inconfondibili anticipazioni del rap. Dopo l'esordio come cantautore rock, si converte alla musica folk, perché espressiva di quel reale, che l'artista ricerca nella prima fase della sperimentazione. Bob Dylan rincorre la realtà sulle corde della sua Gibson, la chitarra acustica che acquista vendendo tutto, persino l'amplificatore. L'utilizzo ritmico della voce unito a strumenti acustici affascina Johnny Cash, fino a renderlo suo appassionato estimatore.

Quando anche la folk diviene condizione esageratamente costrittiva, il musicista si trasforma in leader del blues, votandosi all'elettrica nonostante il dissenso dei sostenitori. “Ciò che si oppone conviene e dai contrari l'armonia più bella”, sosteneva Eraclito. Opposizione costruttiva a se stesso, sembra essere la missione di Bob Dylan, che nella protesta contro i canoni e i cliché, si reinventa in ogni tappa della crescita professionale. Il suo rapporto con il pubblico è controverso, quasi patologico: lo incanta conquistandolo in principio, per poi turbarlo, perderlo e ritrovarlo sotto altre forme. Quella inscenata è una provocazione contro la sua arte, contro i giornalisti e gli acclamatori che manifestano apertamente il loro disappunto. E' proprio tale contestazione a procurargli quasi un'edonistica soddisfazione e dai contrasti suscitati trae giovamento il suo spirito irrequieto nel fondare sulle ceneri dell'immagine sottratta al mito, la nuova ricerca della sua vocazione.

Provocazioni e dissidi scandiscono anche la vita privata del musicista e sotto i riflettori si consuma l'ennesimo scandalo: Dylan li dirige abilmente sulle sue contraddizioni quando contrae matrimonio con Shirley Marlin Noznisky per poi negare il fatto. Tacciato di comunismo da un sistema che lo imprigiona e lo opprime, viene in seguito ricevuto come gradito ospite alla Casa Bianca: la sua figura, da perfetto antieroe, viene riconosciuta come mediatrice. Anni dopo Bill Clinton, nell'afferrare forse la natura dell'artista maledetto, dirà del chitarrista in perenne conflitto con se stesso: “ha disturbato la pace e messo a disagio i potenti”.

Il tour che lo conduce dagli USA all'Europa esibisce due immagini contrastanti del cantautore. Acclamato nel sollecitare le corde della folk sulla melodia dell'armonica, viene contestato quando si impone con l'elettrica: il pubblico risponde con applausi lenti e ritmati in una protesta che l'autore sembra apprezzare, suggerire e incoraggiare. L'incidente in moto, motivo anch'esso di dibattito per le cause che lo hanno provocato, lo costringe ad un periodo di isolamento dalla tensione del palco, che lo conduce alla conversione al cristianesimo. Ambientazioni tipiche dell'America occidentale e tratte dalla Bibbia sono lo sfondo di una nuova melodia, interpretata da strumenti poveri ed essenziali. Anche la “rinascita cristiana”, una dialogo così intimo con la propria coscienza, suscita un dibattito tra l'artista e il suo pubblico, che in parte ne contesta l'avvicinamento ai dettami religiosi.

Tutto è motivo di rottura nella vita di Dylan, l'esistenza stessa si lacera per poi risorgere nuovamente alla spietata luce dei riflettori. Ma la religione è per lui musica, che non solo grida nelle sue opere, ma diviene la dimensione entro cui l'autore incontra la spiritualità: “Ho trovato la religione nella musica” afferma. La conversione al cristianesimo non contrasta con le sue origini ebraiche, che Dylan mantiene vive, prestando servizio nelle sinagoghe. Evoluzione nella melodia, nei testi e nella vita, sembrano convergere in un crescita artistica e spirituale, che fanno del cantautore la voce scomoda ed emblematica del mito americano. “Le canzoni sono il mio lessico”, sostiene l'artista, il simbolo del tutto e del suo contrario, in una lotta antinomica con la propria identità. “Io credo nelle canzoni”: così si esprime il suo dogma il chitarrista, dichiarando la sua appassionata fede più che in una confessione religiosa, nella meraviglia quasi inafferrabile della musica.

Anna Marini

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  2 maggio 2015