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I ragionieri della politica
L'Europa, l'immigrazione e non solo
Umberto De Pace

Immigrazione Immigrazione

La farsa che si è consumata in questi giorni a Ventimiglia ha visto un surreale gioco tra le parti, dove Italia e Francia si sono rimpallati un pugno di migranti a suon di legislazioni e normative vetuste e inadeguate. Non male per due dei paesi fondatori dell'Unione Europea nonché membri, i rispettivi partiti di governo, dello stesso gruppo del Partito Socialista Europeo e i cui capi di governo negli stessi giorni si scambiavano sorrisi, brindisi e strette di mano ad Expo.

Il fatto infine che il 20 giugno si celebrasse la “giornata mondiale del rifugiato” è stato, ahimè, una incresciosa coincidenza. Ma essendo che al peggio non c'è mai fine, la farsa si tinge di grottesco in questa Europa che, dopo aver abbattuto il muro di Berlino, vagheggia al suo confine orientale, nello specifico in Ungheria, di costruirne uno nuovo contro la “marea” montante di immigrati che ne “assediano” i confini. Muro che ha subito trovato entusiasti sostenitori nel nostro paese pronti a donare il proprio “mattone” pur di raccattare qualche voto alle elezioni di turno (e se qualcuno pensa che siano terminate con la passata tornata amministrativa si sbaglia, perché già ci si sta preparando a quelle del prossimo anno).

A contorno di tutto ciò le volgarità e le falsità si sprecano: “Chi vuole i migranti se li tenga a casa sua”, “sono tutti delinquenti”, “portano le malattie”, fino all'“aiutiamoli a cosa loro”; auspicio lodevole quest'ultimo non fosse che viene per lo più sbraitato da quegli stessi che fino a ieri lo hanno interpretato, ognuno a modo loro, chi con investimenti in diamanti africani vedi la Lega, o chi come l'ex leghista ed ex Alleanza Nazionale Piergianni Prosperini con un traffico d'armi con l'Etiopia, per non parlare delle guerre scatenate in Afganistan, Iraq o Libia (che a seconda dei momenti ha visto un po' tutti partecipi all'impresa).

Lasciando da parte la “coerenza” di taluni soggetti politici, rimane il fatto che urlati nelle piazze mediatiche o reali questi, che all'apparenza appaiono semplici slogan, in realtà diventano strumenti efficaci di creazione di consenso, indottrinamento culturale e, non da ultimo, oggetto di distrazione dai veri problemi che le società contemporanee stanno attraversando. Non solo, è anche grazie alla manipolazioni di questi strumenti che sono possibili grottesche investiture di personaggi come Matteo Salvini surreale leader del centro destra italiano, che basa le sue fortune su di essi, sull'operare in un “deserto” politico-culturale oggi presente nel suo campo politico e in generale nell'assenza di una politica all'altezza della situazione; una politica destinata, nel suo lento ma inesorabile logoramento, non tanto al suicidio che sarebbe il male minore, quanto allo svuotamento della democrazia per ignavia e irresponsabilità con conseguenze nefaste come tutti possiamo facilmente immaginare.

Lasciando da parte la farsa e senza ritornare sulla tragedia – in questo caso dell'immigrazione – forse occorre chiedersi quali siano le politiche possibili in grado di affrontare i grandi cambiamenti di portata epocale in corso e, ancor prima, quale sia il pensiero e il progetto politico a supporto delle stesse. Un'Europa che sappia porre al centro delle proprie identità politiche e culturali i diritti e i doveri dei cittadini scaturiti dalla rivoluzione francese e sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea è una pura utopia? Un'Europa che li difenda strenuamente e al contempo li sappia mettere a disposizione di tutti, quale patrimonio per l'umanità intera, è un qualcosa di impensabile? Un'Europa che sancisca che essi rappresentano gli unici confini invalicabili e inviolabili e al contempo si impegna a rendere i propri confini amministrativi sempre più aperti, in modo graduale e controllato ma con un fine preciso che è quello di permettere la libera circolazione degli esseri umani, è chiedere l'impossibile? Può sembrare un controsenso pensare anche solo di porsi queste domande di fronte a questa Europa che non c'è, e invece è proprio oggi di fronte allo stallo attuale che occorre con coraggio farsi carico di una tale impresa, la quale permetterebbe non solo di essere finalmente al passo con i tempi ma anche di dare una svolta a questo impoverimento materiale e culturale di un continente apparentemente destinato alla senescenza. Va sancito e dimostrato concretamente che in Europa le discriminanti passano attraverso i concetti di libertà/oppressione, onestà/delinquenza, solidarietà/egoismo, uguaglianza/sopraffazione, povertà/ricchezza e non attraverso quelli di appartenenza a legami di sangue, di religione, di lingua.

Nell'ambito di questo pensiero e progetto politico assumono primaria importanza le tematiche del lavoro, dell'istruzione, della cura e salvaguardia dell'ambiente, quelle di un nuovo welfare al passo con i tempi – di cui le socialdemocrazie europee sono state a suo tempo le ideatrici e propugnatrici – e di un riassetto societario e non ultimo urbanistico, nel quale le periferie diventino il “centro” di un nuovo Rinascimento europeo. Non ultimo assume importanza l'aspetto della sicurezza e della serenità delle condizioni di vita che ogni società deve garantire ai suoi concittadini, ed è anche per questo che occorre comprendere che limitare la libertà di movimento delle persone va a discapito della stessa ed è fonte di finanziamento di vitale importanza per le criminalità organizzate. Il continuo e ininterrotto flusso di esseri umani, messo in moto da una globalizzazione che volenti o nolenti ha cambiato il mondo, è ora che diventi fonte di sviluppo e ricchezza culturale e materiale e non venga più costretto all'eterna ciclica emergenza. Al centro del processo di globalizzazione, gestito e governato fino ad oggi dalla finanza e dal capitale, vanno posti gli esseri umani con i loro bisogni e loro aspirazioni che in qualsiasi parte del mondo sono i medesimi.

Tra questo ambizioso progetto e gli attuali ragionieri della politica europea c'è di mezzo – non eufemisticamente – il mare, ma dato che questo mare è cosparso di cadaveri nessuno può far finta di niente e un domani nessuno potrà dire “io non sapevo”. Fino a quando la politica costruirà il suo consenso sui sondaggi o seguendo gli istinti del momento continuerà a disattendere il suo compito principale che è quello di saper indirizzare e programmare il futuro della società di cui fa parte, saperlo costruire sulla base di un progetto di lungo periodo e non di subirlo o di rincorrerlo quotidianamente come accade oggi.

Umberto De Pace

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  25 giugno 2015