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Dopo il referendum del 4 dicembre
Umberto De Pace

Lavoro Democrazia
Lavoro e democrazia

Cosa ci attende dopo il referendum sulla riforma della Costituzione che si terrà il 4 dicembre?
In un paese normale entrerebbe in vigore la Costituzione riformata oppure no, a seconda dell'esito referendario e le istituzioni e le rappresentanze politiche ne trarrebbero un indirizzo per il loro lavoro e i loro programmi. Ma dato che non viviamo in un paese del genere (a dire il vero non siamo i soli al mondo) occorre affrontare in modo più articolato la complessità degli scenari possibili al dopo voto.

Nell'ipotesi che vinca il SI, la minoranza del paese che l'avrà votato darà piena legittimità al governo per procedere con ancora maggiore decisione nell'opera di cambiamento e, a suo dire, modernizzazione del paese. Sarà confortato in questo dai “mercati” e dai vecchi leader europei e non solo. Sarà un segnale per tutti di stabilità e continuità di quanto fino ad oggi è stato fatto dal governo in carica.

Nel caso vinca il NO, la minoranza del paese che l'avrà votato imporrà un cambio di indirizzo politico al paese dagli esiti incerti. Un'incertezza la cui responsabilità va addebitata innanzitutto a chi ha voluto personalizzare, enfatizzare e politicizzare il voto, vincolando l'esito alla sopravvivenza stessa del governo. Sappiamo tutti quindi chi è il responsabile, inutile ricordarlo. Gli fanno naturalmente da spalla, sul fronte opposto, i suoi avversari politici. I “mercati”, i rapporti con i partners europei e a livello internazionale, risentiranno di un voto negativo alla riforma? Certamente, anche se il modo in cui reagiranno, parlo nel medio lungo periodo - il giorno dopo come sappiamo lascia il tempo che trova, come anche le “sparate” che un giorno si e l'altro pure dovremo sorbirci fino al 4 dicembre - dipende da cosa accadrà nel nostro paese: cadrà il governo? Ci sarà un governo tecnico di passaggio? Nuove elezioni, una nuova legge elettorale?

Comunque sia dopo il 4 dicembre alcune certezze ce le abbiamo fin da ora. La prima è che il problema dei problemi, la questione storica, epocale, che da anni ci affligge sarebbe sempre lì ad aspettarci: il LAVORO. E' difficile pensare che questa classe politica, che non ha saputo gestire con lungimiranza un tema come la riforma della Costituzione, sia in grado di affrontare un tema così importante, che richiederebbe una capacità di mettere insieme le forze e le intelligenze dell'intera comunità, per poter ideare e costruire proposte e progetti che ci permettano di uscire dalla crisi e riacquistare fiducia nel futuro. Se si pensa di continuare a sopravvivere con politiche sul lavoro di contrapposizione (se non ideologiche) di tamponare o imbellettare la precarizzazione imperante, di elargire bonus a destra e a manca, non si è nemmeno capita la gravità del problema che tale questione presenta.

La seconda certezza, anch'essa propria di quest'epoca, è la crisi della DEMOCRAZIA. Dopo il 4 dicembre, nel nostro paese, tale crisi sarà ancora più profonda perché ciò che è certo, al di là del risultato, è che saremo ancora più divisi e contrapposti di prima. Stiamo attraversando un lungo periodo di disgregazione politica, culturale e sociale profondamente connessa con la crisi del lavoro. E' sempre più difficile e complesso il rapporto tra la politica e la società, vi è una sempre più marcata incomunicabilità tra i partiti, le formazioni politiche e i cittadini. Questa campagna referendaria e la stessa ragione di questo referendum ne sono la dimostrazione.
Due temi, lavoro e democrazia, che dovrebbe stare a cuore a tutti ma in particolare, per la sua stessa essenza, alla Sinistra oggi così divisa, contrapposta, dispersa. Sono temi che se non li si affronta, comprendendoli fino in fondo, e non si tenta di dargli una risposta sono fonte di quel malessere che permette ai mestatori di odio, agli apprendisti stregoni, ai populisti di passaggio, di impossessarsene; traducendo il malessere in politiche che ci priveranno mano a mano di quel bene comune, pur imperfetto, che è la nostra democrazia.
Occorrono politiche e politici che siano strumenti e soggetti di unione e condivisione, e dato che al momento non se ne vedono è compito di ognuno di noi fare in modo che da lì si riparta, insieme, dopo il 4 dicembre; non prima di avere smaltito le ulteriori macerie che questa improvvida campagna referendaria ha generato.

Umberto De Pace

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  22 novembre 2016