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Il punto di non ritorno
Noi europei e il conflitto israelo-palestinese
Umberto De Pace


Qual è il punto di non ritorno? Forse è opportuno chiederselo di fronte a quanto sta accadendo in terra di Palestina e in Israele e alle ripercussioni che si stanno avendo ben al di là dei loro confini.
Partiamo da ciò che sappiamo, da ciò che i fatti ci dicono. Innanzitutto siamo consapevoli che il punto di non ritorno non è rappresentato dall'umanità e dalla pietas che la preserva. Massacri, stupri, violenze, hanno sempre accompagnato l'evolversi della Storia, così come le guerre, le repressioni, gli orrori, la Storia l'hanno sempre piagata. Non è nemmeno rappresentato dalla garanzia della propria e altrui sicurezza, lo fosse non ci si addentrerebbe con tanta improntitudine, come sonnambuli equilibristi, sul baratro della vendetta e dell'odio. Né tanto meno, il punto di non ritorno, è la giustizia, per la quale di fronte all'evidenza dei fatti è inutile spendere qualsiasi ulteriore vana parola. Parlo a noi, noi europei, non occidentali che già è un termine troppo vasto e si trascina dietro ulteriori problematiche. Noi europei che ci muoviamo in ordine sparso pensando di non avere pari, che coltiviamo con gelosia le nostre patrie illusioni, che pensiamo di essere fuori dalla mischia, eterni osservatori di ciò che avviene al di là dei nostri confini, almeno fino a quando quei confini non vengono violati da masse di diseredati.
Se nemmeno di fronte all'orrore – dei criminali massacri di civili israeliani perpetrati da Hamas e la Jihad Islamica e della criminale carneficina che a tutt'oggi continua, dopo più di tre mesi, dei civili palestinesi da parte dell'esercito israeliano – siamo in grado di fare in modo che umanità, sicurezza e giustizia non vengano calpestati, forse è il caso di chiedersi se prima di essi non si siano sviliti quei principi di libertà, uguaglianza, solidarietà e giustizia che abbiamo posto quali fondamenta delle nostre Costituzioni, dando forma e sostanza con essi alle nostre democrazie.
C'è chi sostiene che il principale pericolo per esse è rappresentato da nemici esterni, reali o immaginari, pronti a invaderci, infiltraci, manipolarci se non addirittura a sostituirci. Altri si prodigano nel diagnosticare il disfacimento della democrazia occidentale a causa di un'autolesionista lotta fratricida sui diritti, le minoranze, gli immigrati, l'ambiente; se non addirittura conseguenza di un'opera di autodistruzione da parte di ideologie dominanti nel campo della cultura e dello spettacolo. Quando, forse, la realtà è più semplice e tragica al contempo: se delle democrazie come quelle dell'Europa (dis)unita non capiscono che per preservare la propria esistenza occorre che quei principi, sulle quali si fondano, siano difesi strenuamente e fatti valere anche per il resto dell'umanità, il pericolo è insito innanzitutto in chi ci rappresenta nelle nostre istituzioni e nei nostri governi.
E' bene quindi dirselo, quel punto di non ritorno noi europei lo stiamo superando, e non da oggi. Lasciare nelle mani di autocrazie se non di dittature la difesa del popolo palestinese è solo un esempio. La richiesta dell'imposizione immediata di un cessate il fuoco e del rilascio degli ostaggi, del soccorso e la cura della popolazione della striscia di Gaza, il blocco della repressione e delle violenze da parte dei coloni e dell'esercito israeliano in Cisgiordania, dovrebbe essere una priorità condivisa da tutta la Comunità Europea. Fare tutto ciò vorrebbe dire al contempo avere a cuore anche la sorte del popolo israeliano e adoperarsi per la garanzia della sua sicurezza. Non farlo, ed è questo che sta avvenendo, non solo è una scelta scellerata ma significa minare e compromettere le fondamenta delle nostre società. Oggi lo chiede con autorevolezza anche la Corte internazionale di giustizia dell'Aja, la quale, in attesa che valuti ed esprima il suo giudizio di merito, ha accolto le richieste avanzate dal Sudafrica affinché vengano applicate misure immediate in prevenzione di un genocidio a Gaza.
Fosse anche tardi e malgrado i nostri governanti, dobbiamo comunque tentare di difendere e preservare strenuamente le nostre democrazie. Per farlo non esiste altra strada che quella di farle diventare innanzitutto un'unica democrazia, di un'Europa fermamente e concretamente unita, la quale di quei principi di libertà, uguaglianza, solidarietà e giustizia, non ne fa una vacua bandiera ma li traduce in atti concreti anche nei confronti del resto del mondo.
La semplicità impossibile da realizzare di una pace giusta tra palestinesi e israeliani è questo che ci richiede. Nel frattempo in quella terra martoriata e offesa si sta continuando a massacrare migliaia di civili, seminando al contempo nel profondo della terra nuovi semi di odio che non tarderanno a crescere come rovi sempre più forti e innumerevoli per un domani ancora più fosco.

Umberto De Pace

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Dalla parte dei popoli israeliano e palestinese
Criminali e ipocriti di guerra
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Chi sono i responsabili dei crimini di guerra israeliani?
Il punto di non ritorno


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  4 gennaio 2024