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Europa
L'umanità al tempo del coronavirus
Umberto De Pace



Come un sasso gettato nell'acqua il virus ha diffuso intorno a sé, a cerchi concentrici, l'indifferibile esigenza di aiuto e protezione la quale, a sua volta, partendo dalla singola vita, ramificandosi e diffondendosi, ha svelato il corpo ampio e complesso della società contemporanea nella quale, consapevoli o no, tutti noi viviamo. Quartieri, borghi, città o paesi, in qualunque luogo ci troviamo, le nostre vite sono in qualche modo legate tra loro da fili, sia pur invisibili, che ne determinano nel bene e nel male la sopravvivenza. La comunità più ampia della quale siamo parte è quella europea, ed è appunto dall'Europa che arriveranno le maggiori risorse economiche per poter uscire dalla presente crisi. In fondo tutto ciò è stato compreso anche dai più ostili all'unione europea. Al netto di tutte le critiche, alcune giuste e condivisibili, altre strumentali e mistificatorie, non si può negare l'evidenza dei fatti che vedono considerevoli risorse previste da parte della Commissione Europea per l'emergenza in corso. Senza dimenticare altre iniziative, come l'European green Deal
https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_it
presentato a dicembre dello scorso anno dalla stessa commissione.


Tutto bene quindi? Certamente no, e non solo perché come abbiamo visto per il nostro paese manca ancora a tutt'oggi un piano definito di medio lungo periodo atto a investire proficuamente tali risorse, ma anche per altri innegabili problemi che coinvolgono l'intera comunità europea. La mancanza di solidarietà e la forte competizione fra paesi europei; la presenza di paradisi fiscali o fiscalità agevolate all'interno dell'eurozona; un assetto istituzionale incompleto, privo di bilancio federale; una Banca centrale europea che per statuto deve occuparsi della sola stabilità monetaria a scapito delle economie degli Stati membri; la democratizzazione della politica europea, la sua trasparenza, il superamento della regola dell'unanimità, il passaggio a quella della maggioranza. L'unione economica e monetaria che ha caratterizzato la comunità europea deve potersi coniugare in una unione politica a tutti gli effetti. Per fare ciò occorre che tutti agiscano avendo ben presente questa visione europea, senza la quale qualsiasi iniziativa o proposta, circoscritta a livello locale o nazionale, rischia di essere vana. Per la costruzione di politiche di ampio respiro, che prefigurino e siano tese alla costruzione del domani, le forze politiche, sindacali e sociali non possono fare a meno di pensare e agire anche a livello europeo.
“Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani.” Questo scrivevano nel 1941 Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, oppositori al regime fascista, dal loro confino sull'isola di Ventotene.

Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi

Il testo pur scritto circa settant'anni orsono, in piena guerra mondiale, è profondamente attuale. Basti pensare al suo ammonire sulla pericolosità del: “… principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei.” Una visione tesa alla costruzione di una Federazione Europea ma con uno sguardo molto più ampio: ”E quando, superando l'orizzonte del vecchio continente, si abbraccino in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l'umanità, bisogna pur riconoscere che la Federazione Europea è l'unica concepibile garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani si possano svolgere su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un più lontano avvenire, in cui diventi possibile l'unità politica dell'intero globo.” I due autori con acuta lungimiranza prefiguravano in piena guerra il futuro prossimo di ricostruzione, anzi, di una nuova “costruzione”: “Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie fra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell'attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l'eredità di tutti i movimenti di elevazione dell'umanità, naufragati per incomprensione del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo. La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!”.

Si parla tanto in questi anni di sovranismo e populismo, non mancano i timori per un risorgente nazionalismo, movimenti di ispirazione fascista e nazista riemergono con forza in Europa, mentre sono flebili le voci, pur non mancanti, di chi persegue tra mille difficoltà lo scopo di unire anziché dividere i popoli europei. Ripartire dallo spirito del Manifesto di Ventotene può essere un buon inizio in questo difficile momento in cui l'emergenza sanitaria si è andata a sommare, amplificandola, alla preesistente emergenza economica, sociale e politica dell'Europa e non solo. Senza far finta di dimenticare l'invito, espresso a chiare lettere da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, di lottare contro le diseguaglianze e i privilegi sociali per una rivoluzione europea ma socialista, ovvero per “… l'emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita.” Se oggi è evidente la presenza di movimenti e partiti di destra, esiste ancora una sinistra capace di farsi carico della lotta contra la diseguaglianza e per l'emancipazione delle classi lavoratrici?

Umberto De Pace

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  15 giugno 2020