prima pagina lente pagina precedente




Democrazia ed estrema destra
Il caso monzese
Umberto De Pace

fasci

Tra i tanti problemi che l'Europa si trova oggi di fronte, il riemergere di movimenti di ispirazione fascista e o nazista sarebbe un grave errore ritenerlo un fenomeno marginale. Se era prevedibile che tra gli effetti della grande crisi economica mondiale di questi anni, accompagnata dall'imponente fenomeno delle migrazioni, vi fosse anche la deriva populista, xenofoba e razzista, le politiche fin qui adottate per contrastarla, in gran parte hanno contribuito ad ampliare il consenso verso chi con demagogia e spregiudicatezza sfrutta il disagio sociale per i propri scopi e fini politici.
Sulla democrazia - 6


All'evidente complessità della materia in oggetto e ai diversi punti di vista possibili, occorre aggiungere un ulteriore spunto di riflessione che riguarda un altro principio fondamentale della convivenza civile, il quale si interseca inevitabilmente con i principi di uguaglianza e libertà: la tolleranza.

Jean-Pierre Faye
Jean-Pierre Faye (Wikipedia)

Per il filosofo e scrittore francese Jean-Pierre Faye a chi cita la celebre preposizione di Voltaire del 1770: “Detesto quanto voi scrivete, ma son pronto a morire perché possiate seguitare a scriverlo” – andrebbero rammentate le sue incoerenze in quanto: “Non si può dire ch'egli abbia dato davvero la prova di essere “pronto a morire” perché Rousseau potesse seguitare a scrivere, quando i libri di questi erano bruciati e lui stesso minacciato dal fuoco, “precorritore di quello infernale”. E' ormai noto che Voltaire in privato si rallegrò invece delle pubbliche sventure di Jean-Jacques, e che si augurò di vederlo stretto fra le tenaglie dell'intolleranza regia e dell'intolleranza ginevrina; fermo restando, tuttavia, che le sue prese di posizione pubbliche non contraddicessero la sua prospettiva fondamentale.” E se, come sostiene Faye, la tolleranza in fondo “è un'invenzione dei dizionari” partiamo ancora una volta da Voltaire e dall'articolo “Tolérance” del suo Dizionario portatile (1764a, trad. it. p.420): “Dobbiamo tollerarci mutualmente, perché siamo tutti deboli, incoerenti, soggetti all'incostanza e all'errore …”. Che non sia un tema da poco lo conferma l'uguaglianza che accomuna “ ... i popoli e le fedi: calvinisti, cattolici, luterani, ebrei e greci, tutti si divoreranno come belve.” evidenziando la contraddizione enunciata da Jean-Edme Romilly: “Chi dunque può osservare senza dolore e indignazione che il medesimo motivo che dovrebbe indurci all'indulgenza ed all'umanità – la pochezza dei nostri lumi e la diversità delle nostre opinioni – sia proprio quello che ci divise con più furore?'” (“Tolérance”, 1765, nell'Encyclopédie di Diderot). D'altronde il termine tolleranza fin dagli inizi della sua definizione, ha sempre avuto una vita travagliata che ben riassume Mirabeau nel suo intervento del 22 agosto 1789, nel corso dell'assemblea che porterà alla promulgazione della “Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino”: “Io non vengo a predicare la tolleranza … (perché) … la più illimitata libertà di religione è per me un diritto così sacrosanto, che la parola tolleranza, che vorrebbe esprimerlo, mi sembra sia, in qualche modo, tirannica essa stessa” aggiungendo “… l'esistenza dell'autorità che ha il potere di tollerare attenta alla libertà di pensiero pel fatto stesso che essa tollera, e che dunque potrebbe non tollerare”.

Honoré Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau
Honoré Gabriel Riqueti, conte di Mirabeau
(Wikipedia)

Mirabeau chiarisce ciò che è un dovere e ciò che è un diritto. Il dovere di rispettare la religione che ognuno intende professare scaturisce da un diritto e cioè che “nessuno può essere infastidito nella sua religione”. Partendo dalla religione il ragionamento va oltre: “In effetti ci sono state sempre diverse religioni; è perché? Perché ci sono state sempre diverse opinioni. Ma la diversità delle opinioni risulta necessariamente dalla diversità degli spiriti, e tale diversità non può essere impedita. Dunque tale diversità non può essere attaccata”.
In realtà, negli anni e nei secoli successivi, non mancheranno gli attacchi a tale pensiero rivolti contro l'”universalità” del principio qualificato come astratto. Jean Pierre Faye ci ricorda come tale offensiva sia stata ripresa in lingua francese dalla “ … “nuova destra”, erede dei gruppi neonazisti di Europe Action e della collana “Action” degli anni '60. Secondo Alain de Benoist, l'idea di un uomo generico, di un uomo “universale astratto”, non avrebbe mancato neppure essa di secolarizzarsi per il tramite delle ideologie moderne. Quest'idea costituirebbe il cuore dell'ideologia dei diritti dell'uomo. Essa è parimenti presente in Marx, assicura Alain de Benoist in nome di un ritorno a un'ideologia “indoeuropea”, o, con espressione più ridicola, “ariana” … Benoist tenta poi di evocare ciò che egli chiama “problema della tolleranza pagana”, mostrando che essa, in quanto principio, nasce … dal riconoscimento della diversità umana. L'offensiva va a vuoto, poiché l'atto di parola proprio della dichiarazione dei diritti si connette, in modo fondamentale per uno dei suoi grandi enunciatori, alla diversità delle opinioni, che proviene a sua volta dalla diversità degli spiriti: dato che, appunto, afferma Mirabeau, “questa diversità non può essere attaccata”. E proprio perciò non può esserlo la rivoluzione dei diritti che poggia sull'atto della loro dichiarazione.”

Alain de Benoist
Alain de Benoist (Wikipedia)

Ciò comporta che “La rivendicazione del “diritto alla differenza”, opposta all'”ideologia dei diritti dell'uomo”, è evidentemente un falso, poiché quest'ultima tenta appunto di costruire un universo in cui le “piccole differenze” tra i linguaggi non siano segnali di persecuzione. Quando i teorici della nuova destra francese – in nome di un riferimento ai valori preistorici di quell'ignoto che essi designano col nome di “popolo indoeuropeo” – oppongono all'”ideologia dei diritti dell'uomo” ciò che chiamano “tolleranza pagana” – è chiaro che ignorano tutta la discussione del 22 e 23 agosto 1789.” Per la “nuova destra” con l'universalismo è finito oramai il diritto degli uomini a disporre di se stessi e nei primi anni Ottanta sulla sua rivista “La Revue de la Nouvelle Droite” si richiama al filosofo, storico e scrittore tedesco Oswald Spengler (1880-1936) il cui “ … discorso centrale connette l'idea di un uomo universale astratto, costituente il cuore dell'ideologia dei diritti dell'uomo, alla affermazione dell'universalismo biblico, che risalta soprattutto nel secondo Isaia. “Ti porrò … a luce per genti”, annunzia Isaia (49,6).” … Il discorso della nuova destra si accanisce, come la vecchia, a sottolineare la linea che porta dall'isaismo ebraico all'ideologia dei diritti dell'uomo, a Marx ed Ernest Bloch, ma aggiunge che il fatto stesso che, nel racconto biblico della creazione, l'uomo scaturisce da un'unica fonte costituisce un'opzione deliberatamente egualitaria.
In quel fatidico agosto del 1789 non tutti comunque ritenevano la parola tolleranza adatta a sostenere l'uguaglianza dei diritti, tant'è che il dibattito arrivò “al punto di poter includere la critica della tolleranza stessa, sia in nome della libertà … sia in nome della … intolleranza ….


Jean-Paul Rabaut de Saint-Étienne
Jean-Paul Rabaut de Saint-Étienne
(Wikipedia)

Per Rabaut-Saint-Etienne, riporta Faye: “La “barbara” parola 'intolleranza' non andrà pronunziata più, ma non sarà la tolleranza a sostituirla, perché tale parola comporta un'idea di compassione, che avvilisce l'uomo; quella che va rivendicata è la libertà, che dev'essere una per tutti. Proprio questa connotazione di compassione è stata rilevata e criticata nella definizione che l'Encyclopédie dà del verbo 'tollerare' indicando che 'tollerare' si dice solamente delle cose cattive ritenute tali, 'permettere' si dice del bene e del male. E' grave, si è fatto di recente osservare, che si possa tollerare solo ciò che è cattivo, e che tollerare si congiunga con soffrire.” La storia ci racconta come al grande dibattito sulla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino e alla sua promulgazione, seguì la tragedia rivoluzionaria nella quale l'applicazione di quei principi di libertà e tolleranza in essa sanciti dovranno fare i conti con una realtà ben più complessa e contradditoria.
Rimane comunque ineludibile la domanda: fino a che punto è lecito tollerare? Fino a che punto si può attuare il famoso enunciato voltairiano? Abbiamo esempi clamorosi in tal senso. Noam Chomsky – il più grande linguista vivente, ebreo e socialista libertario – è l'autore della prefazione (in seguito ritirata) all'opera di Robert Faurisson (1929-2018), edita nel 1980, “Tesi difensiva contro coloro che mi accusano di falsificare la storia. La questione delle camere a gas”. L'autore – insegnante, saggista e pubblicista francese con cittadinanza britannica – è stato forse uno fra i più conosciuti negazionisti dell'Olocausto. Jean-Pierre Faye pone quindi a tutti una domanda: “come combattere, e con quali armi, il rappresentante dell'intolleranza totale? Come pensare il problema della sua libertà di espressione, e come definire la “tolleranza” verso di essa, e che fare perché non si trasformi in complicità con l'intollerante assoluto?”

Noam Chomsky Robert Faurisson
Noam Chomsky e Robert Faurisson

Ci può essere d'aiuto nel ricercar la risposta a tali quesiti, il pensiero di Norberto Bobbio (“L'età dei diritti”, Einaudi, 1990): “Le buone ragioni della tolleranza non debbono farci dimenticare che anche l'intolleranza può avere le sue buone ragioni … occorre chiarire che lo stesso termine «tolleranza» ha due significati, uno positivo e uno negativo, e pertanto ha due significati, rispettivamente negativo e positivo, anche il termine opposto. In senso positivo, tolleranza si oppone a intolleranza in senso negativo, e viceversa al senso negativo di tolleranza si contrappone il senso positivo d'intolleranza. Intolleranza in senso positivo e sinonimo di severità, rigore, fermezza, tutte qualità che rientrano nel novero delle virtù; tolleranza in senso negativo invece è sinonimo di colpevole indulgenza, di condiscendenza al male, all'errore, per mancanza di principi, o per amore del quiete vivere o per cecità di fronte ai valori. E' evidente che quando facciamo l'elogio della tolleranza, riconoscendo in essa uno dei principi fondamentali del vivere libero e pacifico, intendiamo parlare della tolleranza in senso positivo. Ma non dobbiamo mai dimenticare che i difensori della intolleranza si valgono del senso negativo per denigrarla: se Dio non c'è, tutto è permesso.” Sempre Bobbio ci ricorda quanto scrisse il più grande teorico della tolleranza, il filosofo e medico inglese John Locke (1632-1704): ”Bisognerebbe desiderare che si permettesse un giorno alla verità di difendersi da sé. Ben poco aiuto le ha conferito il potere di grandi che né sempre la conoscono né sempre l'hanno in favore [...] La verità non ha bisogno della violenza per trovare ascolto presso lo spirito degli uomini, e non la si può insegnare per bocca della legge. Sono gli errori a regnare grazie a soccorsi estrinseci presi a prestito dal di fuori. Ma la verità se non afferra l'intendimento con la sua luce, non potrà riuscirci con la forza altrui”. Ho voluto riportare estesamente questi due brani, anche se sono ben noti, perché l'idea che vi è espressa, estesa dalla sfera religiosa alla sfera politica, rappresenta uno dei motivi ispiratori del governo democratico e uno dei caratteri distintivi del regime democratico rispetto a ogni forma di dispotismo. Una delle definizioni possibili di democrazia è quella che mette in particolare evidenza la sostituzione delle tecniche della persuasione alle tecniche della forza come modo di risoluzione dei conflitti.

John Locke
John Locke ritratto da John Greenhill
(Wikipedia)

Eppure anche il “più grande teorico della tolleranza”, per il quale “la verità non ha bisogno della violenza per trovare ascolto”: non ammetteva che fossero tollerati gli atei, i quali, secondo una dottrina comune a quei tempi, non avrebbero avuto alcuna ragione di tenere fede a una promessa e di osservare un giuramento, e pertanto sarebbero sempre stati cittadini di cui non ci si poteva fidare.” Pur riconoscendo che non è facile stabilire i limiti oltrepassando i quali una società tollerante si trasforma in una società intollerante, Norberto Bobbio, cerca di delinearli per quanto possibile: “Tolleranza in senso positivo si oppone a intolleranza, religiosa, politica, razziale, vale a dire all'indebita esclusione del diverso. Tolleranza in senso negativo si oppone a fermezza nei principi, vale a dire alla giusta o debita esclusione di tutto ciò che può recar danno all'individuo e alla società. Se le società dispotiche di tutti i tempi e del nostro tempo soffrono di mancanza di tolleranza in senso positivo, le nostre società democratiche e permissive soffrono di eccesso di tolleranza in senso negativo, di tolleranza nel senso di lasciar correre, di lasciare andare, di non scandalizzarsi né indignarsi più di nulla … Ma anche la tolleranza positiva non è assoluta. La tolleranza assoluta è una pura astrazione. La tolleranza storica, reale, concreta, è sempre relativa. Con ciò non si vuol dire che la differenza tra tolleranza e intolleranza sia destinata a venir meno. Ma è un fatto che tra concetti estremi, di cui l'uno è il contrario dell'altro, esiste un continuo, la zona grigia, il né né, la cui maggiore o minore ampiezza è variabile, ed è su questa variabile che si può valutare quale società sia più o meno tollerante, più o meno intollerante.”


Riconoscendo quindi che la tolleranza non può mai essere illimitata Norberto Bobbio avanza la sua proposta per delimitarne i limiti: “L'unico criterio ragionevole è quello che deriva dall'idea stessa di tolleranza e può essere formulato in questo modo: la tolleranza deve essere estesa a tutti tranne a coloro che negano il principio di tolleranza, o più brevemente tutti debbono essere tollerati tranne gli intolleranti … Si tratta del resto dello stesso principio per cui si sostiene che la regola di maggioranza non vale per le minoranze sopraffattrici, vale a dire per coloro che se diventassero maggioranza sopprimerebbero il principio di maggioranza. Naturalmente anche questo criterio di distinzione che in astratto sembra chiarissimo in pratica non è poi di così facile attuazione come sembra, e non può essere accettato senza riserve. La ragione per cui non è così chiaro come sembra quando lo si enuncia, sta nel fatto che vi sono varie gradazioni d'intolleranza e vari sono gli ambiti in cui l'intolleranza si può esplicare. Non può essere accettato senza riserve per una ragione tutt'altro che trascurabile: chi crede nella bontà della tolleranza vi crede non soltanto perché constata la irriducibilità delle fedi e delle opinioni, e la conseguente necessità di non impoverire con interdizioni la varietà delle manifestazioni del pensiero umano, ma anche perché crede nella sua fecondità, e ritiene che il solo modo di ridurre l'intollerante ad accettare la tolleranza sia non la persecuzione ma il riconoscimento del suo diritto ad esprimersi. Rispondere all'intollerante con l'intolleranza può essere formalmente ineccepibile, ma è certo eticamente povero e forse anche politicamente inopportuno. Non è detto che l'intollerante, accolto nel recinto della libertà, capisca il valore etico del rispetto delle idee altrui. Ma è certo che l'intollerante perseguitato ed escluso non diventerà mai un liberale. Può valer la pena di mettere a repentaglio la libertà facendo beneficiare di essa anche il suo nemico, se l'unica possibile alternativa è di restringerla sino a rischiare di soffocarla o per lo meno di non permetterle di dare tutti i suoi frutti. Meglio una libertà sempre in pericolo ma espansiva che una libertà protetta ma incapace di svilupparsi. Solo una libertà in pericolo è capace di rinnovarsi. Una libertà incapace di rinnovarsi si trasforma presto o tardi in una nuova schiavitù.”

Umberto De Pace

GLI ARTICOLI PUBBLICATI
0 - Prologo
1 - Perché Monza?
2 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 1
3 - Bran.Co. e Lealtà Azione - 2
4 - Forza Nuova - 1
5 - Forza Nuova - 2
6 - CasaPound - 1
7 - CasaPound - 2
8 - CasaPound - 3
9 - Lorien e Progetto Zero
10 - Lorien e Compagnia Militante
11 - A.D.ES.
12 - Le radici dell'estrema destra monzese - 1
13 - Le radici dell'estrema destra monzese - 2
14 - Sul neofascismo - 1
15 - Sul neofascismo - 2
16 - Sul neofascismo - 3
17 - Sul neofascismo - 4
18 - Sull'antifascismo - 1
19 - Sull'antifascismo - 2
20 - Sull'antifascismo - 3
21 - Sull'antifascismo - 4
22 - Sull'antifascismo - 5
23 - Sull'antifascismo - 6
24 - Sull'antifascismo - 7
25 - Sull'antifascismo - 8
26 - Sull'antifascismo - 9
27 - Sull'antifascismo - 10
28 - Sull'antifascismo - 11
29 - Sull'antifascismo - 12
30 - Sulla democrazia - 1
31 - Sulla democrazia - 2
32 - Sulla democrazia - 3
33 - Sulla democrazia - 4
34 - Sulla democrazia - 5
35 - Sulla democrazia - 6



EVENTUALI COMMENTI
lettere@arengario.net

Commenti anonimi non saranno pubblicati


in su pagina precedente

  25 gennaio 2020