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Il Presidente e l'etnia
Umberto Puccio



Ultimamente, il Presidente della Repubblica coglie l'occasione di eventi ufficiali (cerimonie o ricorrenze) per mandare dei messaggi abbastanza espliciti al presidente del Consiglio ed ai Ministri. E lo fa non con la cosiddetta "moral suasion" tramite contatti e colloqui personali, bensì con solenni dichiarazioni pubbliche.
Così è stato in occasione del 150esimo anniversario della morte di Alessandro Manzoni. Il primo messaggio è l'affermazione che l'”etnia" è una categoria astratta e non va usata come arma politica di esclusione e discriminazione: esistono solo individui e persone concrete, diverse le une dalle altre, ma tutte uguali di fronte alla legge umana (e a quella del Dio cristiano).

I personaggi dei Promessi Sposi manzoniani sono uomini e donne concrete, con i loro sentimenti, i loro difetti, le loro debolezze, i loro vizi e le loro virtù, tutti accomunati nei tragici eventi della storia umana (guerre, carestie, peste: non tanto dissimili dalla contemporaneità!). Manzoni aveva una concezione pessimistica della storia umana, derivantegli dagli "ideologues" francesi, Thierry e Guizot: la storia è un susseguirsi di guerre di dominazione, in cui i vecchi vengono sostituiti da nuovi dominatori. Così, nell' Adelchi, Manzoni interpreta il sostituirsi, in Italia, della dominazione dei Franchi di Carlo (futuro Magno) a quella dei Longobardi di Desiderio, Adelchi e Ermengarda. A parte il destino di Ermengarda, ripudiata da Carlo e vittima sacrificale dell'"alta politica", Manzoni individua un'altra vittima collettiva: "un volgo disperso, che nome non ha", cioè la massa degli "indigeni" oppressi da entrambe le caste dei dominatori longobardi e franchi ("dividon i servi, dividon gli armenti...").

E qui mi ricollego al secondo "messaggio" di Mattarella: il richiamo all'unità dell'Italia, in polemica implicita con le proposte leghiste (e non solo!) di Autonomia differenziata delle Regioni. Manzoni, in "Marzo 1821", ha una speranza (in quell'occasione delusa): che il "volgo disperso, che nome non ha" si trasformi in "popolo italiano". E definisce l'Italia "una d'arme, di lingua, d'altar, di memorie, di sangue, di cor". "Sangue" non può affatto intendersi (data la concezione manzoniana della storia) come "stirpe" o "razza". Collocato tra "memorie" e "cor", secondo la rigorosa e quasi cartesiana sintassi manzoniana, "sangue" si riferisce a quello versato dai martiri del Risorgimento e dell'unificazione italiana. Oggi, la Costituzione Italiana ha una visione non del tutto coincidente con quella ottocentesca manzoniana dell'unità d' Italia.
Ma il succo del richiamo di Mattarella è chiaro.
Ho forti dubbi, però, che abbia effetti concreti.

Umberto Puccio


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  24 maggio 2023